HomeSkip Navigation LinksHOME PAGE » K - Radio » Per sempre Faber
Per sempre Faber

da ilsecoloxix

C’è una specie di magia in certe ricorrenze. Quando tutti ormai aspettano il peso del ricordo, succede che il tempo prenda una curvatura diversa. E le parole, talvolta la musica, abbiano più forza del rimpianto. È quanto succederà stasera, quando Fabio Fazio e Dori Ghezzi, ospite di “Che tempo che fa” dalle 20.10 su Raitre, faranno ascoltare le canzoni di Fabrizio De Andrè in un lungo concerto, spezzato in più parti d’Italia e del mondo, per il decennale della sua scomparsa.

Probabilmente ha ragione Fazio, e con lui Ivano Fossati: il rimpianto non si addice al cantautore che meno ha concesso alla fragilità dell’ovvio e meno all’impudenza di chi pretende di omologare persone, esistenze, in una parola la Storia. «Non non parlo da conduttore televisivo, ma da semplice ascoltatore per dire che De André è stato ed è tuttora parte integrante della mia formazione» spiega Fazio «intendo quella adolescenziale , quando si scelgono i libri che poi ti accompagneranno per tutta la vita. La sua musica, in questo senso, è al primo posto della mia esistenza».

Si esclude qualsiasi altro totem o simbolo di grandi contenuti: «Assolutamente. De André sarà sempre al primo posto, seguito dai Beatles che però ho scoperto molto più tardi. Essendo nato nel 1964, quando si sono sciolti avevo solo sei anni, un po’ pochi per farmi un’idea della loro grandezza. Ma nel loro caso si tratta più di un aspetto emotivo che me li fa amare, visto che mi ci sono avvicinato verso i quindici anni».

Nel viaggio di ore che lo avvicina alla trasmissione, Fazio conferma di «considerare De André alla stregua della grande letteratura. Ma per noi liguri c’è ancora molto di più. La sua voce e la sua musica sono qualcosa di impalpabile che abita negli stessi luoghi in cui viviamo noi. È questo il senso che daremo oggi trasmettendo, con centinaia di radio nello stesso momento, “Amore che vieni amore che vai”: ridare all’aria quella voce che mi pare di sentire quando ti trovi a passeggiare per le strade della Liguria. Sembra che qualcuno stia cantando o che ci siano più radio accese. Quei suoni e quelle parole fanno parte del nostro paesaggio». Ma cos’ha ancora di fortemente ligure, dieci anni dopo, De André? «Alcuni caratteri tipici, sicuramente, e poi il mare come via di fuga. Un concetto che spiega benissimo Renzo Piano nell’intervista che andrà in onda stasera fra le 20.10 e le 20.30, prima dello speciale. È un’ idea del mare che ci consente di immaginare l’altrove. Un’idea assolutamente nostra come, del resto, la schiettezza che ci è propria e che a volte può anche sconfinare nella brutalità, un modo avvincente per dire la verità. La schiettezza di Gilberto Govi, la capacità di fare una battuta falcidiante, ma con lo sguardo di chi sa concentrarsi sulla sostanza delle cose, che poi vuol dire interessarsi alla profondità delle persone. È da lì che nasce quell’attenzione che De André ha rivolto agli ultimi».

Lo speciale «sarà tutto dal vivo, senza un’intervista e nessun tipo di commemorazione, sarà un concerto con le canzoni di Fabrizio, ma non ci saranno gli amici che uno si aspetterebbe. Perché inevitabilmente avrebbero portato l’aneddotica, invece il ricordo lo affideremo alle canzoni, alle loro reinterpretazioni. E di queste parleremo con Dori Ghezzi, nulla di più. Sarà un grande abbraccio, molto simile a un tributo d’amore».

Come ha detto Fossati, il rimpianto è stato il sentimento che ha accompagnato questi dieci anni «e io aggiungo che non è nemmeno il caso di commemorare De André, ma piuttosto di trascorre una serata fantastica insieme a lui. Alle sue idee, ai contenuti che ci si augura possano ancora trovare altre espressioni, in un mercato che blinda qualsiasi forma si sperimentazione al punto da renderla vana». E sulla forza visionaria delle canzoni di Faber, «anche in tempi di apparente smarrimento come quelli che viviamo, direi che quelle più intimiste hanno un’urgenza più alta. È chiaro che un brano come “Khorakhané” sembra scritto ieri. E così “La domenica delle salme”. Ma “La canzone dell’amore perduto” o “Dolcenera” sono quelle che alla fine, nei momenti di solitudine quando si fanno i conti con se stessi, sono lì».

Ma qual è oggi l’aspetto più moderno di De André che si è sempre diviso fra il valore dell’anarchia, come lotta contro il potere più invasivo e crudele, e la difesa degli esclusi? «Per me l’aspetto più sorprendente è la libertà di pensiero che, se non anarchia, qualcuno in questi giorni ha definito autarchia etica. L’ho trovata una bella definizione perché rende l’idea di essere liberi dai conformismi e dalle regole, non aver paura di dire quello che si pensa e soprattutto non aver paura dei propri pensieri, che è diverso dal dirli. Perché se non dichiararli può essere una saggia forma di pudore, non averne paura anche quando tendono a cozzare con altri nostri convincimenti, o con l’opinione comune, è la massima espressione dell’onesta intellettuale. L’aspetto che più di ogni altro mi affascina di De André è ancora questo».

Link permanente | commenta questo post | leggi tutti i Commenti (0)