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Intervista: La radio dei matti, una storia dall'Argentina

Buenos Aires, 1991: un ospedale psichiatrico inizia a trasmettere un programma gestito dai pazienti. Dopo vent'anni va ancora in onda. Il regista spagnolo Carlos Larrondo ne ha tratto un documentario. "La linea tra pazzia e ragione si può superare"

Radio La Colifata

Podcast:
http://www.radioarticolo1.it/audio/2011/03/11/7620/siempre-fui-loco-incontro-con-carlos-larrondo-regista-di-lt22-radio-la-colifata

 

“Vogliamo che nelle loro menti, gli espropriati, i dimenticati, i poverissimi, si rendano conto di avere dei diritti.
Che si sveglino dalla loro paralizzante angoscia e protestino,
perché ci sono leggi costituzionali delle Nazioni Unite per i diritti,
per la cultura, per la casa, per l'alimentazione, per la salute.

Niente elemosina, l'elemosina è degradante,
l'elemosina è merda, è immondizia! Morte all'elemosina, cazzo!

E la povertà non viene dal cielo né è stata provocata da nessun Dio,
né greco, né cattolico, né altro.

La povertà la provocano gli esseri umani, gli avidi, i degenerati e i crudeli.

A loro dico: "Signori, svegliatevi!
fate arrivare luce nei vostri cervelli, figli di puttana"

 

José, conduttore di Radio La Colifata

 

 

Una radio "suonata". Animata da una banda di matti. Siamo nel centro di Buenos Aires, Ospedale Neuropsichiatrico José Borda. Nel giardino della clinica, ogni sabato pomeriggio a partire dalle 14.30 partono le trasmissioni di Radio La Colifata, un progetto nato quasi 20 anni fa dall’idea del dottor Alfredo Olivera.

Il nome deriva dal termine colifato (matto, suonato) parola mutuata dal lunfardo, il dialetto della capitale argentina.

La radio nasce il 3 agosto 1991 per riabilitare i pazienti dell’istituto, che gestiscono direttamente le trasmissioni, ma anche per favorire un’apertura maggiore ai problemi legati alla demenza. E’ infatti opinione comune  che gli internati degli ospedali psichiatrici siano soggetti pericolosi, un pregiudizio che viene presto meno ascoltando l’emittente.

Proprio sull’esperienza di Radio La Colifata, il regista spagnolo Carlos Larrondo ha realizzato un documentario che, come l’emittente,  intende dar voce agli ultimi e dare una spallata alla psichiatria tradizionale per dimostrare che chiunque può oltrepassare, in qualsiasi momento, la linea che separa la pazzia dalla ragione.

Abbiamo incontrato Carlos Larrondo, a Roma, in occasione della presentazione del suo film.

 

Quali espedienti hai utilizzato per trasferire su pellicola un medium senza immagini come la radio?

La sfida era riuscire a trasmettere lo spirito di Radio La Colifata al pubblico. Sono stati necessari molti anni di riprese e di editing per ottenere un linguaggio che rendesse merito alla qualità artistica dell’emittente.

 

Come sei venuto in contatto con la realtà di Radio La Colifata?

Si tratta di un lavoro durato oltre 11 anni. Sono entrato al Borda per la prima volta nel 1996, grazie a una mia amica che faceva il tirocinio nell’ospedale. Mi aveva raccontato a lungo di questa radio, degli ospiti della clinica e dei suoi pazienti così interessanti. Loro stessi mi hanno dato molti input per il mio lavoro, ma soprattutto mi hanno contagiato con l’entusiasmo necessario a imbarcarsi in un’impresa del genere.

 

Nel tuo film non si vedono medici...

Era una delle condizioni poste dai pazienti dell’ospedale. L’unico medico, uno psichiatra, è Alfredo Olivera con cui raccontiamo la storia e spieghiamo le finalità dell’emittente. Però è l’unica licenza che mi sono preso nel film.

Per me era importante dare parola agli ospiti della clinica, come fa la radio. Esprimere il loro punto di vista: non quello dei medici, non quello istituzionale.

Per questo non ci sono dottori che dissertano sulla pazzia. Esclusivamente Alfredo Olivera, perché è lui che ha dato vita a questo progetto.

 

Quali caratteristiche degli ospiti del Borda hai cercato di mettere in evidenza?

Penso che l’aspetto più importante sia la voglia di vivere. Il desiderio di trasformare la sofferenza in qualcos’altro. In felicità, pace, solidarietà, amicizia.

L’infermità mentale produce sofferenza, una sofferenza che credo possa essere convertita in qualcosa di diverso.

E’ questo che ho tentato di trasmettere agli spettatori. Si può anche parlare di qualcosa che non si conosce senza scomodare la politica, la sociologia, i diritti umani o la salute mentale.

 

Le musiche del tuo film sono curate da Manu Chao.  

Manu lo conosco dai tempi in cui vivevo a Barcellona. Ci frequentavamo in situazioni informali. Gli feci vedere il mio corto sulla radio. Lui ne restò affascinato. In quel periodo aveva in mente di incidere un disco con dei musicisti di strada di Barcellona e mi chiese se poteva intitolarlo Radio la Colifata.

Io gli passai le voci che avevo registrato in Argentina e lui è riuscito a mixarle molto bene. Siempre fui loco è una compilation prodotta nel 2002, distribuita e venduta proprio per le strade di Barcellona.

E’ indubbio che questo progetto ha dato a Radio La Colifata un impulso mediatico molto importante.

 

La collaborazione tra Manu Chao e Radio La Colifata si è trasformata in un concerto emozionante che tu racconti molto bene nel tuo film.

Quando sono tornato a Buenos Aires per completare le riprese, Manu ha voluto conoscere questa gente. Ha curato lui la colonna sonora ed è diventato uno dei protagonisti del video.

Negli anni Manu  ha realizzato una serie di dischi con gli ospiti del Borda. Sono album che si possono scaricare gratuitamente su internet, e se si vuole si può lasciare una piccola offerta per la radio.

Il concerto a Buenos Aires è solo una trasposizione dell’idea di Siempre fui loco: la musica di Manu Chao unita alla voce dei pazienti del Borda.

 

Il progetto di Radio La Colifata ti ha permesso di girare i mondo. Hai documentato altre radio terapeutiche, raccontando esperienze simili anche in Italia, Francia, Spagna... 

Il progetto di Radio La Colifata è un modello replicabile. Ormai ce sono tantissime in altre città come Barcellona, Tolosa, Mantova. Ce ne sono in Germania, Svezia, Spagna, Messico, Brasile, Ecuador, Cile, Uruguay e Argentina. Tutte emittenti sorelle de la Colifata.

 

Quando hai iniziato a lavorare a questo progetto, nel 1996, come hai trovato i fondi?

Mi autofinanziavo. L’ho fatto fino al 2004 finché non ho trovato un produttore.

A Barcellona ho incontrato Loris Omedes, della Bausan Films,  che produce cinema indipendente e molti documentari su tematiche sociali.

A Loris piacque molto il mio progetto. Ci serviva un co-produttore: ci ha dato una mano Antón Reixa della Filmanova, poi si è aggiunta la televisione spagnola.

Per loro si è trattato di un piccolo investimento, ma che ha avuto un grande ritorno dal punto di vista umano e della partecipazione.

 

Il tuo film è un ottimo spot del lavoro che si svolge all'interno del Borda. Come è stato accolto a Buenos Aires?

A Buenos Aires Radio La Colifata è molto conosciuta. Però a livello politico non è stato facile far circolare il film. Questo perché nei circuiti ufficiali non c'è alcun interesse a mostrare questi aspetti dell'Argentina, di Buenos Aires, di una realtà come l'Ospedale José Borda.

Il film ha partecipato solo ad un piccolo festival indipendente e non è stato distribuiti attraverso circuiti ufficiale.

Al contrario, già qualche anno dopo aver terminato il lavoro, continuo ad essere invitato in festival internazionali.

 

Sono altri allora gli interessi che ruotano attorno al Borda?

Da molti anni il Borda si trova al centro di un’imbarazzante questione politica. L'amministrazione della città vuole demolirlo per via della speculazione immobiliare. L’ospedale, infatti, occupa molti ettari di terreno nel centro della città, in una zona che negli ultimi anni si è molto rivalutata.

Ovviamente la comunità del centro di salute mentale fa di tutto per scongiurare questa eventualità. Per il momento il progetto è in stand-by, ma se venisse portato avanti ci sarebbero mille e più persone che non saprebbero più dove andare.

 

Pensi che ci sia spazio per un cinema che tratta temi sociali?

Sì, certo, ma non nei circuiti di massa. Ci sono film che trovi su internet, ma non in cartellone. Ci sono una miriade di pellicole che non interessano alla grande distribuzione. Puoi vederle in piccole sale dove però si trova gente interessante.

Usufruire del cinema in modo diverso è possibile, ma bisogna intercettare questa rete di distribuzione alternativa. Allo stesso tempo oggi non è facile finanziare i progetti cinematografici. La crisi ci insegna che le prime spese che i governi tagliano sono quelle per la cultura, l'istruzione, la salute...

Non mi interessano i progetti megalomani. Spendere milioni per realizzare una pellicola mi sembrerebbe assurdo, crudele e cinico. Le mie pellicole solitamente costano intorno ai mille euro. La mia è una scelta di vita...

 

***

Anche in Italia esistono progetti simili a Radio La Colifata. Basta cercare Radio Fragola a Trieste e Rete 180 a Mantova.

 

Se passate da Buenos Aires non dimenticate di fare un salto all’Ospedale José Borda. L’ingresso è libero e potrete seguire in diretta le trasmissioni.

Appuntamento ogni sabato a partire dalle 14.30. Ovviamente potete collegarvi anche in rete all’indirizzo www.lacolifata.org. Occhio però al fuso orario.


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