da
L'Espresso
Quando il Genoa gioca in casa, suor Francesca esce sul terrazzo del
monastero delle Clarisse Cappuccine in via Chiodo, nella parte alta di
Castelletto. Ormai, dopo tanti anni, ha imparato a decifrare i boati
che il vento fa arrivare dallo stadio Ferraris e a capire come sta
andando al suo Genoa: «Ho fatto così anche per gli ultimi Mondiali, era
estate c´erano le finestre aperte e, cercando di captare i commenti ad
alti voci dei gruppi riuniti intorno alle televisioni, ho capito che
l´Italia era diventata campione del mondo».
Suor
Francesca ha scelto la clausura, non può avere contatti con il mondo
esterno ad eccezione di rari permessi che devono essere accordati dalla
Madre Badessa. E tutti vengono utilizzati in funzione del Genoa. «Ho 70
anni - racconta - sono entrata in clausura che ne avevo 45. Ero
infermiera, ero stimata e rispettata, ma dentro di me la vocazione era
troppo grande. Quando sono entrata in convento ho lasciato tutto fuori,
solo il Genoa è entrato insieme a me». Nella sua piccola cella c´è solo
l´essenziale: un letto, un tavolino ed una sedia: «Siamo Cappuccine e
Santa Chiara aveva chiesto e ottenuto il grande privilegio della
povertà». Il superfluo è solo rossoblù: foto dei calciatori della
squadra del cuore, un cuscino ed un bicchiere con il Grifone. E
Giorgio, l´ortolano del convento, il lunedì gli fa arrivare il giornale
con la cronaca della partita: «Ma solo se il Genoa ha vinto o
pareggiato». Si tiene informata, disserta anche di tattica: «Come
deciderà Gasperini di giocare il derby? Io credo che punterà sul 3-4-3,
quel modulo ormai i suoi giocatori lo conoscono a memoria. Certo che la
marcatura di Cassano è un problema, sento dire che una gabbia di più
giocatori intorno sarebbe la soluzione migliore. Mi auguro solo
marcature molto strette perché un po´ troppo spesso pigliamo gol da
polli».
Ha uno spiccato senso degli humor, racconta di quando era
ragazza e viveva a Pontedecimo: «Ed erano davvero i tempi di Don
Camillo e Peppone. Ricordo il periodo delle elezioni: uscivamo dalla
chiesa dopo le funzioni per il mese Mariano senza che nemmeno ci fosse
permesso di guardare dall´altra parte della piazza dove c´erano i
comunisti che facevano i comizi». La vocazione già forte è emersa
definitivamente in Africa, quando da laica è stata chiamata a
sostituire una suora-infermieria: «E non si può capire senza esserci
stati.... Facevamo centinaia di chilometri solo per mettere una flebo».
Suor Francesca è malata, ma ha una grande serenità e non ha perso
la sua ironia. «Mi hanno bombardato con la chemio, mi sentivo un
kamikaze... Quando mi sono presentata a San Pietro, mi ha però detto
che c´era ancora il derby da giocare e da vincere». Questa partita alla
quale lei tiene così tanto, la Madre Badessa le permetterà di sentirla
alla radio: «Ma le radiocronache di Brenzini, mi fanno venire il cuore
in gola. Domenica scorsa ero al Galliera, ho seguito in diretta
Livorno-Genoa e mi sono detta: "qui va a finire che muoio prima del
tempo..."». Domani sotto la tonaca si metterà la maglia del Genoa con
il numero sette, gliel´ha portata Marco Rossi che andata a trovarla
qualche giorno fa: "È il mio capitano, mi ha promesso che vinceremo...».