lunedì 18 gennaio 2010
Digitale a tutti i costi

Il progressivo switch-off della tv analogica libera spazio nell'etere per l'avvento della radio digitale. L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha pubblicato il 23 dicembre scorso sulla Gazzetta Ufficiale le nuove disposizioni che cambieranno il volto all'invenzione di Marconi. Le innovazione portate dalla nuova tecnologia sono interessanti ma non tengono conto fino in fondo del percorso di ibridazione digitale compiuto dal mezzo radiofonico negli ultimi dieci anni.
Nel nostro paese il passaggio della tv al digitale terrestre si concluderà nel 2012. Sul vecchio televisore nessun canale si è salvato. Privo del decoder, il bolso schermo 4:3 rimane sommerso dalla neve, mentre la ricezione di molti canali è addirittura peggiorata.
Il processo di digitalizzazione dell'intero sistema radiotelevisivo è considerato una tappa obbligata in tutta Europa, quindi, nonostante il calo di ascolti registrato nelle prime settimane di trasmissioni in tecnica numerica, al termine dell'operazione il bilancio sarà senz'altro positivo.
In Italia la radio è il mezzo con il più elevato livello di penetrazione. Sono oltre 35 milioni, infatti, le persone che ogni giorno la ascoltano, ma il medium più popolare del paese è destinato a subire una profonda mutazione tecnologica.
Innanzitutto dovrà abbandonare la banda FM per trasferirsi sulle frequenze fino a ieri occupate dalla televisione, provocando la dismissione dei vecchi ricevitori. Le tecnologie adottate saranno il DAB, Digital Audio Broadcasting e il DMB, Digital Multimedia Broadcasting, due sistemi simili alla codifica che rende visibile la tv sui telefoni cellulari. Il mezzo si arricchirà di nuovi contenuti multimediali, in particolare immagini. L'audio sarà più pulito e cristallino e non subirà il degrado dovuto all’ascolto in movimento o alle interferenze fra stazioni. I benefici, quindi, sono sotto gli occhi di tutti, ma per concretizzarli bisognerà far fronte a importanti investimenti alla portata esclusiva dei grandi gruppi editoriali, gli stessi che fin qui hanno finanziato parte della sperimentazione.
Come per la tv digitale, lo spettro radiofonico potrà ospitare più canali rispetto alla tecnica analogica, ma la democrazia mediatica non ne trarrà alcun vantaggio.
Le emittenti locali potranno continuare a trasmettere esclusivamente negli stessi bacini dove sono in possesso di una concessione ministeriale. La Rai arricchirà la propria offerta analogica soltanto con i canali della filodiffusione. I grandi network privati, già presenti nei consorzi che gestiranno i nuovi bouquet di canali, aumenteranno la propria presenza nell'etere con reti gemelle e playlist tematiche, che da mesi vengono sperimentate sul web.
Radio Deejay, ammiraglia del Gruppo Espresso, dallo scorso anno affianca la diretta sul proprio sito internet con un canale dove è possibile ascoltare il palinsesto in differita di due ore. Radio 105, in occasione di eventi speciali, accende, con eccezionale flessibilità, canali dedicati ad un solo personaggio, come Vasco, Madonna o Michael Jackson. Rtl 102.5, da due anni ha acceso Radio Guardia Costiera, un canale totalmente dedicato agli utenti del mare.
Negli ultimi anni, proprio la perfetta ibridazione con internet è stata la vera novità per il mezzo radiofonico. Aziende e organi istituzionali si sono affacciati sul mercato editoriale con nuove emittenti tematiche, lo hanno già fatto, tra gli altri, la Regione Lazio, la Cgil, le università.
Le web radio, oltre a offrire un tradizionale palinsesto in diretta, negli anni, si sono specializzate nella fornitura, in qualità di agenzie, di contenuti per le radio tradizionali.
La pratica di riproporre le trasmissioni già andate in onda mediante i podcast, file messi a disposizione dell'utente che contengono la registrazione di una rubrica, è diventata una routine consolidata per chi produce i programmi, ma anche per chi li fruisce.
Sicuramente il nuovo standard di ricezione digitale è meno diffuso rispetto alla rete internet. La tecnica di trasmissioni in DAB/DMB, prevista dalla Legge Gasparri del 2004, viene sperimentata a Roma e Milano già dal 1999. I ricevitori in circolazione, però, sono meno di 200 mila, hanno un prezzo decisamente più alto degli apparecchi tradizionali e non è ancora facile trovarli nei negozi. Non appena sarà possibile ricevere la radio digitale in aree apprezzabili del paese, i maggiori produttori di beni elettronici invaderanno il mercato con nuove radioline, mentre le principali case automobilistiche doteranno i propri veicoli di autoradio FM e DAB di serie.
Sicuramente i più veloci ad adattarsi al nuovo standard saranno i produttori di telefoni cellulari che, in poco tempo, hanno già integrato nei propri dispositivi radio, tv e internet. Sugli smartphone la convergenza digitale è operativa da qualche anno: acquisire immagini, ascoltare musica, ricevere ed inviare mail, ascoltare radio in FM o in streaming grazie alle connessioni a basso costo o sfruttando il WiFi di casa o dell’ufficio è ormai una realtà consolidata.
La radio digitale, quindi, esiste già e alloggia in rete. Per questo motivo, prima di investire denaro per un nuovo standard che renderà inutilizzabile il parco radio esistente, si dovrebbero valutare i benefici dell'incremento della banda larga, come sta avvenendo nel resto d'Europa.
L’ultima frontiera è costituita dal WiMax, una tecnologia che consente l'accesso a reti di telecomunicazioni a banda larga senza fili a computer, cellulari e alle loro applicazioni.
Presto vedremo sorgere nuove antenne che irradieranno dati al posto dei suoni. Poiché la radio sul web occupa un posto privilegiato da quasi un decennio, sarebbe auspicabile prendere in considerazione una via di sviluppo che non tuteli solo pochi grandi editori e che non ci faccia rottamare le radioline a transistor.
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