da
repubblica.it
(rubrica AFFARI & FINANZA, e ho detto tutto!)
Il digitale ha fatto il miracolo e faceva un certo effetto perfino a
loro, i signori delle radio private italiane e della Rai, i grandi
nemici da trent’anni a questa parte, di ritrovarsi seduti ad uno stesso
tavolo, ad annunciare di voler costruire assieme il futuro della radio.
La scorsa settimana a Viale Mazzini, in casa Rai, quella strana ‘guerra dei
trent’anni’ iniziata negli anni Settanta con la nascita delle prime
radio private è finita. Rai e privati hanno costituito un’iniziativa
comune: si chiama
Associazione per la Radiofonia Digitale in Italia.
L’organigramma dice tutto: presidente Francesco De Domenico, presidente
di RaiWay; due vicepresidenti: Eduardo Montefusco, numero uno del
gruppo Rds e presidente di Rna, l’associazione che riunisce i maggiori
network privati nazionali, e Marco Rossignoli, presidente di
AerantiCorallo, associazione che rappresenta oltre 700 emittenti tra
locali e di comunità. Insomma ci sono tutti. L’obiettivo è di replicare
nel campo della radiofonia quello che il Dgtvi è riuscito a fare per la
tv digitale terrestre: un elemento di proposizione e di propulsione per
riuscire finalmente a fare entrare la radio nell’era digitale, ossia
nel futuro.
La radio digitale è in ritardo: mentre la tv è nel
pieno dello sviluppo commerciale del digitale terrestre, per la
radiofonia siamo ancora ai test e alle sperimentazioni. La novità è che
ora la Rai è finalmente uscita dal torpore e ha deciso di affrontare
con decisione la sfida del digitale: lo ha ribadito anche il direttore
generale Claudio Cappon martedì scorso. La radiofonia è insomma unita e
pronta. «Un risultato importantissimo – ha chiosato Montefusco – perché
permette al sistema di avanzare verso un mercato in cui le nuove
tecnologie, da Internet allo stesso ascolto della radio sui cellulari,
stanno aprendo nuove importantissime prospettive. E occorre muoversi in
fretta». «Il tempo delle sperimentazioni è finito», ha sintetizzato
Francesco De Domenico, la cui RaiWay ha negli ultimi mesi bruciato le
tappe e recuperato il tempo perduto. «Se ci dessero il via libera
domani, potremmo partire con il servizio commerciale in pochissimi
mesi», ha fatto eco Sergio Natucci, segretario generale di Rna.
Alle
condizioni per la realizzazione di un fronte comune non è certo
estraneo il momento che il settore dei media sta vivendo. Per la radio
si sta aprendo una «finestra» importante: gli investitori pubblicitari
si stanno allontanando dalla tv generalista, la stessa forma dello
spot, mostra la corda e il mercato è a caccia di nuove forme di
comunicazione. Internet è in forte crescita ma è ancora al 10% del
totale. Crescono i canali tematici della tv satellitare e, in piccola
parte, anche sul digitale terrestre. E la radio si può inserire in
questa tendenza. La radio fa «community» in modo naturale. Le radio,
specie le private, sono nate tematiche. E adesso si trovano davanti
l’opportunità di valorizzare al massimo queste caratteristiche.
Community,
ma anche «mobilità». Il 70% dell’ascolto radiofonico avviene in
automobile, e cresce costantemente il numero di telefonini cellulari
dotati di ricevitore Fm. E tra poco arriveranno sul mercato i
navigatori per auto con ricevitore radio integrato. In questo scenario
di convergenza di terminali la radio digitale porta nuove possibilità.
Non più solo «suono» ma anche messaggi di testo, singole immagini e
perfino dei brevi video da inviare sui display che fanno la loro
comparsa sui ricevitori digitali, con informazioni sul traffico, sul
meteo, con avvisi pubblicitari e promozioni legate alla città in cui si
vive, o magari anche ai quartieri che si stanno attraversando. Anche
tutte le possibili interazioni tra la radio digitale e Internet sono
una nuova frontiera da esplorare. Ma bisogna fare presto. La crisi
politica in corso non aiuta (e nemmeno la quasi certezza di non poter
contare su un quadro politico stabile e duraturo). Eppure ci sono
decisioni da prendere: c’è da sancire Dab, Dab+ e Dmb Visual Radio come
agli standard tecnologici; servono le norme per la ripartizione e
l’assegnazione delle frequenze. Di questo si discute già con
l’Authority di Corrado Calabrò. E il fatto che l’industria presenti un
fronte comune può affrettare di molto i tempi. «E poi – come ha
sottolineato Natucci – per la radio non c’è alcuno switch off. Non si
devono liberare frequenze, come accade invece nelle tv, perché la radio
digitale vivrà ‘accanto’ alla analogica ancora a lungo». C’è infine la
speranza che il sistema possa contare anche su qualche forma di
incentivo, come è accaduto e ancora accade per la transizione al
digitale della tv. Ma anche per questo serve un governo nel pieno delle
sue funzioni.
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Nasce Associazione Radio Digitali (11/03/2008)