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La "mmunnezz" e il medioevo prossimo venuto.
 la monnezza di Napoli


Da bambini, nel vecchio Novecento, il 2008 ci pareva un'era lontana e inimmaginabile.
Sognavamo macchine volanti, case interamente automatizzate da comandi vocali, robot che avrebbero svolto per noi i compiti più macchinosi e noiosi.
Immaginavamo un futuro lindo e pinto come il culo di un neonato: un'umanità quasi ibrida e perfetta, che avrebbe finalmente capito la stupida inutilità delle guerre, del traffico, delle mafie. Il futuro era solo un posto in cui essere migliori delle nostre vecchie versioni, come software sorpassati avremmo messo in cantina genocidi, inefficienze e sprechi.
Da ingenui immaginavamo che nel 2008 i problemi sarebbero potuti derivare da dinamiche a noi sconosciute: le droghe digitali, l'arrivo di forme di vita gelatinose, la fine delle Prime Repubbliche et cetera et cetera. E invece no: il futuro ha le sembianze di tonnellate di immondizia accumulate da settimane per le vie e i quartieri dell'hinterland napoletano, territorio per quanto “di nessuno” comunque troppo vicino all'Unione Europea, perché il puzzo non arrivasse fino alle steppe nordiche. Ma da cosa nasce tutto questo? A chi giova? Perché sempre e solo a Napoli succedono queste cose?

A dire il vero sono pochi i giornalisti che in questi giorni hanno cercato di mettere i puntini sulle “i”: a sentire la tv, poi, sembra che “'a mmunnezz” a Napoli caschi dal cielo e, visto che piove, il governo deve pur essere ladro. Una delle voci più schiette in merito alla situazione è stata quella del giornalista Sergio Rizzo che dalle pagine del Corriere (della Sera) ha scritto : “dal febbraio 1994, quando il dramma si è trasformato in «emergenza», quindi in un clamoroso affare economico, sono stati polverizzati 2 mila milioni: sarebbero bastati per farne non uno, ma 15, di inceneritori. Negli anni erano stati accumulati debiti per 557 milioni di euro. Dei soldi spesi per esportare i rifiuti in Germania dove vengono bruciati a nostre spese per produrre energia, poi, si è perso il conto.”

Certo, di mezzo c'è la Camorra che nelle crisi e nelle emergenze ci sguazza perché è l'unica istituzione (altro che lo Stato!) in grado di offrire soluzioni immediate e convincere interi quartieri periferici a diventare terreno di stoccaggio e incubatori di diossina.
La Camorra che decide di dirottare verso la Campania (o all'estero) le tossine in esubero, con l'innegabile connivenza di politici e amministratori locali. E in tutto questo, dov'erano, dove sono e cosa dicono gli Antoniobassolino, le Roserussojervolino, i rais di quartiere che - sia da destra che da sinistra – non appena spunta un problema cacciano dal cilindro la parolina magica “emergenza”, sicuri che arriveranno commissari governativi e fondi straordinari. Emergenza lavoro, emergenza case popolari, emergenza sanità: le criticità sembrano tutte meteoriti impazziti piombati sulle nostre teste da galassie lontane.

 

Le parole uccidono 

I politici parlano in tv con la faccia e la vocina di circostanza di un'ignara educanda scaraventata in un bordello bulgaro. Gente che non sa nemmeno come si arriva a Pianura e che usa troppi condizionali e soprattutto coniuga i verbi all'impersonale: “si dovrebbe”...”ci si auspica che”...”abbiamo aperto un tavolo....”è in corso una trattativa per...”. Diffidate dalle persone (e soprattutto dai politici) che parlano all'impersonale.
Mi vien pure da pensare che alla fine c'è pure chi tutta questa “"monnezza"” se la merita. Se la meritano quei comuni cittadini che non fanno la raccolta differenziata. Quelle stesse madri di famiglia che fanno le barricate e vivono porta a porta con i camorristi che danno fuoco a tutto, mentre i loro stessi figli respirano diossina. Quegli imprenditori che per incartare un chewingum disboscano l'Amazzonia. Le stesse persone che, con i loro amici e compari, in periodo elettorale confermano (anzi, premiano) i politici incompetenti e corrotti verso cui poi sbraitano come bestie incarognite: andatevi a vedere le percentuali di voto degli ultimi 15 anni, in Campania.
Questa è la storia di un paese che vive sull'irresponsabilità diffusa dai livelli più alti fino alle basi, da quelle nazioni che non ratifica gli accordi di Kyoto (Stati Uniti, ad esempio), a quegli amministratori di certi paesini dell'hinterland che assumono 85 netturbini, quando ne occorrerebbero 20, salvo poi che pure in 85 non ne fanno uno, di sano e onesto lavoratore. Questa è una storia che va da chi della “monnezza” ci campa fino a te che ne continui a produrre più di quanto spetterebbe ad ogni singolo abitante del pianeta.

Il grande vecchio Giulio Adreotti, in una delle sue battute più caustiche, una volta ha detto: “l'Italia è il paese di quelli che si accodano all'ambulanza non appena la sirena crea un varco nel traffico”.

D'altronde, se nessuno vuole rinunciare a 2 gradi in più o in meno del proprio condizionatore (magari infilandosi un gilet di lana cruda, anziché girare per casa con le bermuda a Febbraio), se nessuno è disposto a rinunciare all'automobile per fare visita a uno che abita a tre isolati, se nessuno si pone il problema di desvilupparsi, la “"monnezza"” ce la meritiamo tutti: politici, amministratori, funzionari, educatori, operatori, semplici cittadini e camorristi.

Essa è solo sintomo del “medioevo prossimo venuto”.
Welcome to the future.

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