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Con l'invenzione della radio iniziò la fuga di cervelli dall'Italia
Nel 1896, Guglielmo Marconi, bolognese, classe 1874, volle donare all'allora governo italiano guidato da Francesco Crispi una radio, che aveva appena inventato. Di informare il governo dell'invenzione si occupò il dott. Giardini, un amico della famiglia Marconi, il quale così scriveva al generale Ferrero, ambasciatore d'Italia a Londra, in una lettera di «raccomandazione»: «Guglielmo Marconi ha ottenuto di telegrafare senza fili alla distanza di circa 1500 metri con apparecchi di sua invenzione. Egli è stato invitato a Londra, ma, prima di partire dall'Italia, desidererebbe offrire al Governo italiano la sua invenzione. Di conseguenza gradirebbe l'autorevole ed amichevole consiglio di Vostra Eccelenza».

La risposta del generale Ferrero fu: «Consigli il giovane Marconi di proteggere con regolari brevetti validi per tutto il mondo la sua invenzione e di riservarsi, in qualsiasi accordo per la cessione degli stessi, in piena libertà d'azione nei riguardi del Governo Italiano, recandosi liberamente in Inghilterra, dove potrà ottenere più facilmente i larghi mezzi finanziari occorenti per lanciare una invenzione così importante e che non potrà essere mantenuta segreta per lungo tempo».

Il 12 febbraio Marconi partì per Londra. Il 5 marzo riuscì ad ottenere il primo brevetto della sua invenzione.
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