HomeSkip Navigation LinksHOME PAGE » K - Radio » Chiusa radio ’ndrangheta In onda i pizzini della cosca
Chiusa radio ’ndrangheta In onda i pizzini della cosca


da ilgiornale.it

ROSARNO (Reggio Calabria) - Non vedeva l’ora di essere trasferito dal carcere di Palmi, il boss Salvatore Pesce. Voleva sapere al più presto, dalla sua cella, se l’avvocato era riuscito a presentare tutti i documenti. Poi, all’ascolto di quella canzone, il sorriso era affiorato sulle sue labbra. La risposta era sì, il trasferimento era cosa fatta. Per fare arrivare i messaggi ai boss in carcere, a Rosarno, c’era Radio Olimpia. «Se è positivo mi mandi una canzone questa sera alla radio, se è negativa me ne mandi un’altra», ordinava alla moglie Salvatore Pesce. E la radio di famiglia, totalmente abusiva in uno stabile alle spalle del Duomo cittadino, mandava nell’etere i brani indicati, le comunicazioni in codice che permettevano ai capocosca di comandare dal carcere come se fossero a casa loro.

Radio Olimpia, ieri, è stata sequestrata insieme ad altri beni dei Pesce e quaranta affiliati alla ’ndrina di Rosarno sono stati fermati nel corso di un’operazione interforze di carabinieri, polizia e guardia di finanza e polizia penitenziaria. Per esercitare il loro potere, spiegano il procuratore Giuseppe Pignatone e il suo aggiunto Michele Prestipino, le cosche hanno il bisogno incessante di comunicare. E, infatti, i Pesce avevano pensato di intestare ad un prestanome un’emittente radiofonica tutta al loro servizio. Salvatore Pesce, addirittura, progettava di farsi una radio a casa se gli avessero concesso gli arresti domiciliari.
Il suo fedelissimo Domenico Giovinazzo già si vedeva speaker e direttore dell’emittente. Spiegava alla moglie: «Turi si fa la radio a casa e lo fa dalle 6 alle 8. Diciamo noi che vogliamo salutare la famiglia e gli scriviamo una lettera e lui la legge, fa tutto solo per i carcerati». Le indagini della procura sono partite subito dopo l’omicidio, per mano degli avversari Ascone, di uno dei killer più fidati della cosca Pesce, Domenico Sabatino. Le intercettazioni hanno consentito di accertare dal vivo la dinamica criminale del gruppo, fornendo indispensabili elementi di comprensione del sistema gerarchico interno alla cosca. La vendetta per la morte di Sabatino è stata a lungo meditata: i Pesce si sono più volte consultati, hanno valutato rischi e benefici di una loro risposta violenta. Ciò ha disvelato una buona parte dell’organigramma della cosca Pesce, i cui sodali liberi, ma anche quelli detenuti, si sono attivati per progettare, ordinare ed eseguire gli omicidi che avrebbero permesso alla famiglia di tornare a dominare il territorio. Il clan aveva anche pensato di uccidere Maria Ferraro, convivente per lungo tempo di Salvatore Pesce, per la decisione di quest’ultima di collaborare con gli investigatori, una volta interrotta la relazione con Pesce.
Secondo quanto è emerso dalle indagini, il ruolo delle donne nella gestione degli affari della cosca Pesce sarebbe stato molto attivo e si sarebbe concretizzato, in particolare, nel reimpiego dei proventi delle attività illecite gestite dalla cosca, in particolare estorsioni e traffico di droga.
Ma gli interessi dei Pesce erano anche nella squadra di calcio, perché il calcio porta voti, consensi e anche molti soldi. Così, nella rete, è finito anche Domenico Varrà, presidente della Società di calcio «Rosarnese». Varrà era impiegato presso il comune di Rosarno sciolto per infiltrazione mafiosa e sono documentati i suoi rapporti stretti con quasi tutti i componenti della famiglia Pesce.
Ma il clan non gestiva solo la Rosarnese. C’era anche il Sapri calcio, dove lo stesso Marcello Pesce, uno dei capi indiscussi, era subentrato quale socio occulto di maggioranza.
Link permanente | commenta questo post | leggi tutti i Commenti (0)