mercoledì 21 aprile 2010
Mogadiscio: l'ultima Radio libera
da millecanali.it
È stato il New York Times a ricordare a tutti l'esistenza di questo
centinaio di giornalisti coraggiosi in una terra vittima di guerre
civili, rappresaglie e disordini politici che durano ormai da decenni.
Hanno sposato la loro professione e per farla rischiano la vita ogni
giorno (solo in Somalia i giornalisti uccisi nel 2007 sono stati più di
venti).
Solo poche settimane fa gli Shabaab (il braccio armato di Al Qaida in
Somalia) hanno preso il controllo delle stazioni radiofoniche nelle
città che presidiano ('spegnendo' anche la Bbc), come le due
sud-occidentali di Chisimaio e Baydhaba. «Un giro di vite per la libertà
di espressione e di stampa», riferisce Omar Faruk Osman, segretario
generale dell'Unione nazionale dei giornalisti somali, che denuncia
anche il rapimento di almeno sei giornalisti solo negli ultimi giorni.
Ecco in che ambiente lavora Radio Mogadiscio. Dall'edifico in centro
città, con le antenne alte trenta metri e con i mezzi appena
indispensabili per fare una Radio, i 100 dipendenti circa dell'ultima
emittente libera di Mogadiscio lavorano in uno stato di geurra,
conducendo una vita blindata. A proteggerli un plotone di soldati
ugandesi della missione di pace dell'African Union; per letto alcuni
materassini spessi pochi centimetri di gommapiuma all'interno della
Radio.
Radio Mogadiscio è l'ultima voce libera e trasmette tra piastre vecchie e
altoparlanti rotti con i cavi che escono. Ma gli scaffali di oltre tre
metri pieni di registrazioni ordinatamente etichettate lasciano un po'
di speranza. In onda ci sono vecchi discorsi, canti popolari, canzoni
patriottiche, interviste con nomadi: chilometri e chilometri di storia e
cultura somala sottratti alla distruzione dei fondamentalisti.