giovedì 28 giugno 2007
partiti democratici (2) - WalterSchaung
Qualche giorno fa Marcello Veneziani, lanciandosi in previsioni/analisi su ciò che avrebbe fatto/detto il Walter nazionale sul palco del Lingotto, stigmatizzava l'inevitabile prolusione di miti e immaginari che potessero unire sessantottini, moderati, riformisti e sinistra radicale. Prevedeva un ricorso al Sancta Sanctorum del Politically Correct e del Buonismo tout court, magari ben farcito di Don Milani, Kennedy, Madre Teresa di Calcutta, Martin Luther King et cetera et cetera.
Col senno di poi, registriamo che la linea indicata nel discorso e l'inevitabile “citazionismo” ad esso annesso annovera tra i suoi punti cardine:
- Olof Palme (“La battaglia da combattere non è contro la ricchezza, ma contro la povertà”);
- Vittorio Foa (“destra e sinistra? La prima, è figlia legittima degli interessi egoistici dell’oggi. La seconda, è figlia legittima degli interessi di quelli che non sono ancora nati”);
- Gustavo Zagrebelski (“Pensando e ripensando - è stato detto - non trovo altro fondamento della democrazia che questo: il rispetto di sé”).
Come sottolinea oggi Filippo Ceccarelli dalle colonne di Repubblica, La WalterSchaung esposta ieri disegna un partito lieve, ambizioso, determinato, nel solco di una nuova identità che dimentichi le classiche categorie “destra/sinistra” e che tolga alla politica attuale l'unico modo di essere inutile per la collettività: inscenare sul palcoscenico della società civile, davanti ai cittadini, le solite boutade caciarone, tanto per far intendere che si è in disaccordo su quasi tutto e che – in virtù di questo – esistano differenti visioni del mondo (e relative ricette), quindi relative poltrone. Il “benaltrismo” che evocano molti gerontocrati (silenziosamente critici nei confronti del candidato leader del PD) serve solo a mantenere lo status quo dell'immobilismo e del lobbismo dirigenziale (di chi sa che basta buttare giù qualche parolina magica tipo “democrazia”, “famiglia”, “futuro” per prendere parte al bottino). In realtà, anche Walter usa le stesse paroline magiche e a tratti parla con i toni utopici e favolisticamente retorici e buonisti che lo hanno contraddistinto. Ma ben venga.
Finalmente una faccia presentabile. Uno che non ha fatto le guerre puniche. Un cervello che funziona, che sa agire sugli immaginari e al tempo stesso essere più realista del re, concreto, pragmatico, snocciolare dati, statistiche, trend, soluzioni. Una bocca che dice cose ispirate dal buonsenso, anche non di sinistra e che non cita una sola volta Berlusconi, come spauracchio onnipresente nei soliti piagnistei sinistrorsi. Non solo parole, però, visto che il "modello Roma" funziona ed è pianamente esportabile (Rutelli da ex Sindaco della capitale al confronto è una specie di macchinoso e dimenticato centrocampista qualsiasi in confronto a Roby Baggio; D'Alema politicamente ha più cadaveri nell'armadio di Jeffrey Dahmer).
Viene da sè che in un panorama politico nazionale in cui si aggirano sepolcri imbiancati, democristiani ossequiosi, socialaffaristi da quartierino e teatranti che giocano alla politica come bambini viziati, Uolter è ormai l'unica figura spendibile sia in termini comunicativi che (soprattutto) funzionali al progetto.
Curzio Maltese ricorda che nel 1994, alla nascita di Forza Italia, un profondo conoscitore degli italiani, Mike Bongiorno, gli disse in un'intervista: "Per un decennio dominerà la scena Silvio, poi toccherà all'unico di sinistra che non comunica ancora col bianco e nero anni Cinquanta, Veltroni".
Il day after veltroniano sembra suggerire che anche a destra il discorso sia piaciuto (a parte le denigrazioni di rito) e che la persona in sé meriti rispetto e incuta un certo timore politico. Fino al 14 ottobre, data della costituente PD, ci sono abbastanza giorni perché a sinistra qualcuno tra i compagni di viaggio dell'aspirante leader gli faccia le scarpe (tanto per restare nella metafora on the road).
|