
da peacelink.org
Da vivo non ha mai avuto vita facile in patria, troppo anarchico e
anticonformista, ma in occasione del suo funerale il presidente
israeliano Shimon Peres ha riconosciuto il suo ruolo: «Sei stato un
vero combattente per la libertà». E' tornato così alla ribalta, per un
giorno, nel teatro Tzavta di Tel Aviv, Abie Nathan, il più noto, il più
pittoresco, il più determinato pacifista israeliano. Aveva 81 anni; dal
1996, quando era stato colpito da un ictus ed era costretto sulla sedia
a rotelle, paralizzato e incapace di comunicare, non era più apparso in
pubblico e la rievocazione tenuta in occasione del suo funerale,
secondo le cronache, aveva il sapore di un'era lontana: canzoni di Joan
Baez e John Lennon, speranze di un mondo di pace e fratellanza.
Perché Abie Nathan era la "Voice of peace", una radio pirata
piazzata su una barca a vela (sponsorizzata anche da John Lennon) che,
fra il 1973 e il 1993 aveva incrociato nelle acque del Mediterraneo
parlando di pace in ebraico, in arabo e in inglese. "Shalom, salaam and
peace to all our listeners", tutte le sue trasmissioni iniziavano così.
Poi spiegava che: "La nave della pace è un progetto del popolo.
Speriamo che attraverso questa radio potremo aiutare a lenire il dolore
e medicare le ferite di tanti anni di sofferenza del popolo del Medio
Oriente". Piaceva anche ai giovani, tanto arabi come israeliani, perché
trasmetteva le canzoni delle hit parade internazionali e trasmetteva
nella lingua franca nota a tutti, l'inglese.
Aveva smesso nel 1993, con gli accordi di Oslo. La storica stretta
di mano fra Rabin e Arafat, benedetta da Clinton, lo aveva convinto che
l'obiettivo era stato raggiunto. Aveva simbolicamente affondato la
Voice of peace ed era andato in pensione. Ai due statisti avevano dato
il Nobel, a lui che per incontrare Arafat quando questo era proibito ai
cittadini israeliani era finito anche in carcere, un bel nulla.
Nato in Iran, che allora si chiamava Persia, il 29 aprile 1927,
cresciuto in India, pilota della Royal Air Force, emigrato in Israele
nel 1949, proprietario del ristorante California che portò gli
hamburger in Israele, Nathan aveva iniziato la sua carriera di
pacifista nel febbraio 1966 quando, a bordo del suo piccolo aereo
privato, lo Shalom One, era volato in Egitto per «parlare di pace» con
il presidente Gamal Abdel Nasser, e cioè con il nemico numero uno dello
stato israeliano.
Riuscì solo a insospettire tanto gli egiziani come gli israeliani,
ma non si diede per vinto e iniziò una propria offensiva
diplomatico-umanitaria fra Europa, Stati Uniti e Unione Sovietica,
incontrando chi contava, da papa Paolo VI a Robert Kennedy, e chi
faceva tendenza come Jean-Paul Sartre e Bertrand Russell. Nel 1967 ci
riprovò con Nasser e stavolta, tornato in patria finì in galera.
Non fu l'unica volta. Nathan che, come ha detto un altro celebre
pacifista israeliano, Uri Avnery, al suo funerale, «puntava al cuore
più che all'intelletto», finì in galera per aver incontrato quello che
infine chiamava il suo "fratello" Arafat, si sfinì con gli scioperi
della fame per convincere il suo governo a trattare con l'Egitto e con
l'Olp, girò il mondo portando aiuti là dove la guerra, la fame o le
calamità naturali colpivano, dal Biafra, alla Cambogia, dal Nicaragua
al Libano, dalla Cina al Rwanda.
Chissà se a sua tomba porterà scritto - come auspicò nella sua
ultima intervista, rilasciata nel 1996 a The Associated Press -
Nissiti, ovvero, "Ci ho provato". Al suo funerale c'erano politici
anche di alto rango, come Peres, rabbini, marxisti e pacifisti e in
Galilea al concerto in suo onore sono arrivati insieme ebrei e
musulmani per ascoltare le canzoni rese celebri dalla musulmana Um
Kulthum, dall'ebrea Laila Mourad e dalla cristiana Fayrouz. E per una
sera un altro Medio Oriente è stato possibile.