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PLIMPLIN, il gatto bamboccione e le domeniche di maggio
giustizia
A Giuseppina, che odiava i gatti...

La mattina in cui Plimplin avrebbe dovuto abbandonare sua mamma, i fratelli e la casa in cui era nato successe una cosa strana e buffa.
Lo trovarono arrampicato su un ramo di nespolo, a dormire sornione dentro un nido di beccaccia, abbandonato mesi prima. C'erano ancora le schegge bianche di gusci d'uova, stupidi contenitori di un qualcosa volato via.

Vedere quel gattino addormentato, nell'ultimo posto al mondo in cui dovrebbe stare un cucciolo, fece ridere tutti gli umani dei paraggi e instillò negli animi la convinzione che Plimplin stesse solo trovando il modo per non farsi scovare.

Quando arrivò l'auto che avrebbe dovuto portarlo via, Plimplin cercò di nascondersi dietro la siepe del giardino, mentre mani fredde d'uomo lo stanavano e velocemente, senza neanche un cenno di addio a Bidòn e ai fratelli, lo infilavano dentro una gabbia.
Era nato 2 mesi prima, 72esimo discendente di Bidòn Bidòn (sua madre) e una serie più o meno probabile di maschi dominanti del vicinato.
Lo attendeva una famiglia benestante del Centro, ricca borghesia filoberlusconiana con giardino annesso e notevoli dosi di Kitekat della miglior risma.
Si sarebbe chiamato Ernesto, perchè rosso, anche se di un rosso inoffensivo.

Andò via e mancò da casa mezzora. La dimora in cui si ritrovò non sarebbe stata la sua: la padrona che avrebbe dovuto accoglierlo, all'oscuro della decisione dei figli di prendere un animale, si era rifiutata di tenerlo in casa, nonostante Plimplin già si stesse assuefacendo a quell'idea di "gatto rosso berlusconiano", una sorta di Sandro Bondi coi baffi.
Sua madre Bidòn non fece neanche in tempo a miagolare qualche acuto di preoccupazione per quel figlio smarrito che di nuovo se lo ritrovava miagolante alle mammelle.
Bamboccione che non era altro!

giustizia
Da che mondo è mondo, in casa Pierfelice i mici vanno via come verginelle ad Arcore...e invece era tornato.
Dalla sua vecchia, dal fratello nero (Benito) e quella storpia moccolosa della sorella (Caccoletta Joe) in domeniche di sole sul prato inglese...e odori di agnello alla brace, basilico e pizze.

Questa storia non significa niente, ma mi andava di raccontarla.
Di disegnare un gattino addormentato in un nido.
Di vedere lei, l'umana, che piange perchè qualcosa va via, sradicata per sempre.
E restare come due idioti, felici e fatali, quando una vita torna e nulla è cambiato.
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