martedì 20 luglio 2010
Il successo della radio? Solo perché è morta

da lastampa.it
Ancora una volta si torna a parlare della vecchia signora radio. Come
sempre per complimentarsi della sua longevità.
In realtà la modernità della radio non è l’ultimo marchingegno che abbia
integrata la funzione di poter ascoltare qualcosa che tiene in memoria,
o capta nell'etere, o travasa da un server messo chissà dove. La radio
ha compiuto un passaggio fatale che ancora le attribuisce un primato
assoluto tra gli altri media: la radio è morta. Per la radio morire ha
significato liberarsi della pesantezza di un hadware che la definisse.
La radio oggi è «indescrivibile» in un oggetto che la rappresenti. La
radio è infatti morta per risorgere ovunque ci sia per lei possibilità
di essere ascoltata. Il disfarsi della crisalide che storicamente
conteneva la sua essenza, ha permesso alla radio di non essere più
legata alla triste sorte di sembrare d'antàn, come accade ancora per un
vecchio televisore, un vecchio telefono cellulare, un vecchio computer.
E anche vero che nell' uso comune si usi definire evoluzione della radio
anche ogni semplice emissione sonora, articolata attraverso una
sequenza di brani musicali. In realtà sarebbe più giusto chiamare questa
modalità di ascolto una contemporanea filiazione del juke box, o dei
tanti riproduttori individuali di musica: dal mangiadischi al walkman,
se vogliamo fare un po' di archeologia.
Un canale che trasmetta play list, magari su profilature fatte da
analisi di mercato, non può essere definito una radio. Il principio che
distingue il far radio da quello di cui stiamo parlando è che la radio
si costruisce attorno ad esseri umani che si mettono in gioco con voce e
pensiero all' interno di quell' immaginaria scatola parlante.
E' per questa singolare intimità data dall'assenza di condizionamenti
esteriori che la radio fu il primo medium ad aprirsi alle voci della
comunità degli ascoltatori, forse non è nemmeno azzardato immaginare che
il meccanismo coinvolgente del social networking abbia avuto nella
radio la sua più illustre antesignana.
(gianluca nicoletti)
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