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Il successo della radio? Solo perché è morta
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da lastampa.it

Ancora una volta si torna a parlare della vecchia signora radio. Come sempre per complimentarsi della sua longevità.

In realtà la modernità della radio non è l’ultimo marchingegno che abbia integrata la funzione di poter ascoltare qualcosa che tiene in memoria, o capta nell'etere, o travasa da un server messo chissà dove. La radio ha compiuto un passaggio fatale che ancora le attribuisce un primato assoluto tra gli altri media: la radio è morta. Per la radio morire ha significato liberarsi della pesantezza di un hadware che la definisse. La radio oggi è «indescrivibile» in un oggetto che la rappresenti. La radio è infatti morta per risorgere ovunque ci sia per lei possibilità di essere ascoltata. Il disfarsi della crisalide che storicamente conteneva la sua essenza, ha permesso alla radio di non essere più legata alla triste sorte di sembrare d'antàn, come accade ancora per un vecchio televisore, un vecchio telefono cellulare, un vecchio computer.


E anche vero che nell' uso comune si usi definire evoluzione della radio anche ogni semplice emissione sonora, articolata attraverso una sequenza di brani musicali. In realtà sarebbe più giusto chiamare questa modalità di ascolto una contemporanea filiazione del juke box, o dei tanti riproduttori individuali di musica: dal mangiadischi al walkman, se vogliamo fare un po' di archeologia.


Un canale che trasmetta play list, magari su profilature fatte da analisi di mercato, non può essere definito una radio. Il principio che distingue il far radio da quello di cui stiamo parlando è che la radio si costruisce attorno ad esseri umani che si mettono in gioco con voce e pensiero all' interno di quell' immaginaria scatola parlante.


E' per questa singolare intimità data dall'assenza di condizionamenti esteriori che la radio fu il primo medium ad aprirsi alle voci della comunità degli ascoltatori, forse non è nemmeno azzardato immaginare che il meccanismo coinvolgente del social networking abbia avuto nella radio la sua più illustre antesignana.

(gianluca nicoletti)
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