[comunicato stampa Radio e Reti]
Dal 1988, data di nascita di Audiradio, l'ascolto della radio in Italia è
passato da 26 milioni di ascoltatori a 38,4 milioni.
Della passione degli
italiani per la radio e del futuro della veterana dei mass media si è discusso
al meeting di Radio e Reti, storica concessionaria di pubblicità radiofonica,
che si è aperto oggi a Venezia alla presenza dei principali operatori del mondo
della pubblicità e a numerosi editori radiofonici nazionali e
regionali.
La crescita del pubblico della radio in questi due decenni è
andata di pari passo con l'incremento degli investimenti pubblicitari sul mezzo:
dai 94 miliardi di lire del 1988 ai circa 500 milioni di euro previsti per
l'anno in corso, la quota è passata da 1,7% del 1988 al 7% del 2008.
Le
700 radio rilevate da Audiradio nel 1988 sono scese alle circa 300
attuali.
"Il mercato della radio in questi venti anni, per effetto di
acquisizioni e accorpamenti, si è semplificato in termini quantitativi ma è
cresciuto dal punto di vista qualitativo e la crescita dell'ascolto globale del
mezzo ne è la dimostrazione. Quella che era considerato un mezzo in via di
estinzione a causa dell'esplosione della tivù privata si è invece rivelato il
mezzo più dinamico e innovativo del sistema dei media. La novità dei prossimi
anni si chiamerà radio.", ha detto aprendo i lavori Enzo Campione, presidente di
Radio e Reti.
A indagare sui motivi del successo della radio sono stati
chiamati filosofi, musicisti, matematici e sociologi.
Coordinati da
Claudio Sabelli Fioretti hanno discusso di radio il matematico Piergiorgio
Odifreddi che, dopo aver raccontato i suoi esordi nel 1975 a Radio Cuneo
Democratica come conduttore di un programma di free jazz, ha spiegato come in FM
si possa fare anche divulgazione scientifica. " A patto però che il ragionamento
non si debba interrompere continuamente per trasmettere la musica"., ha
precisato.
"Musica e ancora musica", chiede invece alla radio Max Gazzè,
musicista e compositore, che con il brano Il solito sesso, presentato a Festival
di Sanremo, ha totalizzato il maggior numero di presenze radiofoniche negli
ultimi mesi.
"Per un musicista la radio non è solo uno strumento di
promozione del proprio lavoro ma è anche un indispensabile strumento di indagine
su quello che altri artisti stanno facendo. A differenza di Odifreddi che
vorrebbe una radio di sole parole io vorrei una radio di sola musica."
La
discussione non è stata solo sui modelli editoriali che si contrappongono
nell'etere - radio di parola contro radio musicale - ma piuttosto sul ruolo
della radio in un mondo della comunicazione che sembra ormai convergere non più
sul computer, come si credeva fino a pochi anni fa, ma sul
telefonino.
Maurizio Ferraris, docente di filosofia teoretica
all'Università di Torino, autore del saggio "Dove sei? Ontologia del
telefonino", ha spiegato come tutte le forme di comunicazione, pubblica e
privata, stiano convergendo verso i cellulari (50 milioni di esemplari nella
sola Italia) che sono diventati, da strumento di comunicazione personale, uno
strumento elettronico in cui si raccoglie il nostro essere sociale e la nostra
identità individuale e collettiva.
"La radio indiscutibilmente sta
vivendo una seconda vita", ha concluso il sociologo Francesco Morace, presidente
del Future Concept Lab, centro di studio sulle tendenze di consumo e sociali,
"perché per la sua stessa natura lavora per affinità con il pubblico. Si ascolta
una radio e ci si riconosce in essa per affinità di stili di vita, di gusti
musicali. Questa adesione diventa fondamentale per orientarsi nel labirinto di
informazioni e di emozioni che ci circonda quotidianamente. La radio ha una
'buona reputazione' e questo le ha consentito di guadagnare consenso più di
altri media."
Tratta da Takmedia