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VENTOTTO GENNAIO MILLENOVECENTOSETTANTACINQUE
andrea pazienza 

Ciao bella 

sto fumando una sigaretta, ho appena finito di pranzare, e sto battendo a macchina questa nella stanza di Nicola e Robby, poiché Gino, dopo una notte insonne, non si è ancora svegliato. 

Mezz’ora fa, aggrappato a un telefono in un bar, ti parlavo. 

Odio il telefono. 

E’ uno strumento freddo e distante, incapace a far trasparire il benché minimo sentimento, ed assolutamente xxxxxxxx inadatto come mezzo di augurio. 

E i miei, stamane, volevano essere i più sinceri possibili, non solo in apparenza ma perché realmente tali. 

Ti scrivo questa di getto, usando le copertine di alcune dispense di regia, perciò scusa gli eventuali errori e l’evidente ineleganza strutturale. 

Ho provato diverse volte a scriverti, ma in tutti i tentativi il bisogno di originalità e la mancanza di idee mi hanno sempre fregato, costringendomi ad appallottolare il foglio, dopo due righe e a gettarlo nel cestino già colmo.

  

pazienza


Odio il telefono. 

Ciao come stai?

Bene grazie, e tu? 

Anch’io bene, grazie. 

Ciao, come stai? Cosa si può rispondere in un telefono con quindici gettoni dentro, col tempo contato, mentre il cuore ti scoppia dalla gioia di parlarti e lotti per non darlo a vedere, e il giradischi o la radio sono a tutto volume e il locale è pieno di gente? 

Bene grazie. 


Non ti puoi mica mettere a urlare che mangi riso al burro da due giorni, a pranzo e a cena, che non vedi una bistecca da una settimana, e che ti sembra di star bene solo perché non stai peggio degli altri studenti, che più o meno vivono come te. 

Non puoi mica urlare nella cornetta che sei stanco di non fare mai niente, stanco delle nottate passate in luoghi fumosi, in cinema di terza, a giocare a carte, a leggere Godard, a sognare Pescara, a frequentare ragazze nottambule e senza scrupoli, a disegnare con rabbia e senza voglia, a giocare a pallone in un campetto male illuminato, a studiare “PHOTOGRAPH” seduto sulla tazza del cesso, ad aspettare autobus che non arrivano mai, ad inseguire donne misteriose sotto i portici, a misurare lo spessore della nebbia in Piazza Maggiore, a frequentare cabaret sulla via del fallimento, quattro gatti e una chitarra, barzellette e canti cileni, bowling deserti, a bere cioccolate nei bar dell’ultima ora, e rompersi le palle nei cineforum, stasera giriamo le gallerie d’arte, c’é Emanuelle, compriamo una bottiglia di Ballantine’s o di Chiva’s Regal e tiriamo l’alba. 

Lorenzo Pierfelice - Molo Nord

Come sto? 

Sto che ne ho le tasche piene di disegnare ascoltando Supersonic, per voi giovani, Popoff, Stevie Wonder, Miles Davis, Alice Cooper, i Chicago, etc, non ne posso più di svegliarmi ogni giorno alle quattordici, se tutto va bene, la stufona non ha perso gas e sono morto, o se non apro gli occhi su un cielo già maledettamente stellato. 

Cosa posso dire per telefono? 

Che l’università forse funziona, ma io non posso dirlo perché non ci vado mai? 

Che sono di nuovo impelagato nella politica, che passo ore a sfidare sconosciuti a ping pong nel circolo studentesco, che vorrei piangere al pensiero della pila inverosimile di piatti che mi aspetta appena finita questa lettera? 


A cazzo di cane, ecco come va. 

XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX Sono un artista, vero Isa?, e non posso per questo permettermi il lusso di essere volgare. Ma io me ne frego di essere un artista, se poi non posso dire ciò che penso fino in fondo! 

Se l’essere un artista, ammesso ch’io lo sia, e nutro dubbi in proposito, deve condizionarmi, ebbene io non sono un artista, sono uno studentaccio volgare, scurrile, triviale, meridionale e cafardo. 

Come va? 

E porca eva, che vita di merda! 

 andrea pazienza 



A Pescara, almeno, non mangiavo nemmeno il tanto, anzi facevo la fame, ma mi sentivo più pulito, dentro e fuori
, qui con una doccia al giorno riesco sì e no a grattarmia via un’oncia di smog, e per pulirmi “dentro” non basterebbe una fabbrica di detersivi. 
 andrea pazienza (2)


 andrea pazienza (4) Ragazzone DAMSiste con i capelli sporchi e tampax grossi così sotto i jeans, che sembra abbiano l’uccello al posto della fica, omosessuali musicistimaoisti pazzi e sconcertanti nelle loro pretese, ecco con chi ho giornalmente a che fare. 

Sono stato a cercare di mettere un po’ d’ordine nel collettivo di facoltà, secondo le nuove ristrutturazioni ideologiche attuate da Mao durante la rivoluzione culturale, posso farlo essendo rappresentante del Vento Rosso, e mi hanno preso per REAZIONARIO solo perché il fare sciopero per aiutare i post-telegrafici di Modena non credevo potesse servire a noi del DAMS; 

Manifesto, Lotta Continua, Marxisti-leninisti, Maoisti, radicali e Comunisti qui nella rossa Bologna si scannano fra loro, invece che unirsi a combattere uniti i Parlamentini. 

Sono stato a sentire Venditti e Perigeo al Palasport e mi hanno accusato di scarsa intellettualità. 

Chiedo loro chi era Schopenauer e non lo sanno! 

Se Squartina (regia) mi dice, dopo un intervento, “osservazione esatta, bravo”, faccio la figura del leccapiedi, e se vado un giorno in facoltà con le scarpe da tennis, tutti a dire: “toh, Andrea con le scarpe da tennis”, lasciando facilmente intuire che una delle loro più importanti occupazioni sia il vedere e annotare con che paio di scarpe APAZ viene a scuola! 

Ragazze con pellicce di lupo, borse di Viton, loden da ottantamila lire, gonne di s.laurent, e tipini in rayban a specchio, magliette Ritz in cashemire e Barrows, mi danno del provinciale se porto tutti i giorni lo stesso jean a tubo e gli scarponi. 

Al diavolo. 

Maledetto telefono. 

Come stai? 

Bene grazie...e tu? 

Così così (oppure bene, o male, o benissimo, o benissimo) 

(o malissimo, o malissimo, oppure bene grazie) 

Ti passo Sandra, vuoi parlare con Sandra? 

Si, grazie. 

Saaaannnnddddrrrraaaaa!!!!!! 

Ciao Sandra. 

Ciao Andrea come stai? 

Potrei star peggio, e tu? 

Così così, ti ripasso Isabella. 

Ciao Sandra. 

Ciao Andrea. 

Ciao Isabella. 

Ciao Andrea. 

Come va con Guido? 

Bene, da un po’ bene. 

Meno male. 

... 

Auguri. 

Grazie. 

Ciao. 

Ciao Andrea. 

Ciao Isa. 

Ciao. 

Ciao. 

CLICK. 

Ed è la fine. 

Fine della conversazione, della telefonata, dei gettoni. 

Volevo dirti tante cose e non ti ho detto niente. 

Vorrei tanto vederti e parlare con te, verrai a Pescara? 

A Pescara, l’otto febbraio. 

Porta tutti, se puoi, se loro possono e se volete. 

Dillo anche a Nanni, credo di essergli amico. 

OGGI, VENTOTTO GENNAIO MILLENOVECENTOSETTANTACINQUE, LA DOLCE ISABELLA COMPIE QUINDICI ANNI. AUGURI. 



andrea pazienza (5)Andrea.


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