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Canzoni sull''Italia, la novità è uno sconosciuto dai Sessanta

da lastampa.it

C''è un abisso di spessore fra le canzoni cantautorali che affrontavano il tema «Italia» e quel poco che sull''argomento (scottante) si ascolta oggi. I sacri cantautori ci andavano giù di penna sofferta e aggettivi calibrati, i loro epigoni più recenti hanno modi più spicci. Dell''argomento si è ripreso a parlare, sotto gli ombrelloni, dopo il minaccioso dito medio di Bossi (peraltro appena depenalizzato) contro «Fratelli d''Italia» e sull''onda di un brano che è cominciato a circolare su Radio Deejay, maliziosamente notato dal «Riformista».

Capita, non spesso, che una radio nazionale devii dal consueto percorso del mainstream: ma anche qui c''è una sofisticata promozione, stavolta di una piattaforma digitale acchiappatalenti che si chiama «Sounday» e ha lanciato "Vivere in Italia": brano non modaiolo, che viene fatto risalire ai ''60, opera di un Nino Moroni che all''epoca emigrò in Australia e di cui si sarebbero perse le tracce; è invece attuale e assai carino l''arrangiamento, del nipote di costui David Florio, ragazzo dei nostri tempi.

La storia del pezzo è vaga, e pazienza. Ma colpisce la naiveté esplicativa del testo che farebbe rabbrividire La Russa: «Mi trovo molto bene in Italia/E'' un paese che mi piace/C''è il sole c''è il mare/Trovi anche un po'' di pace/Se ti va di stare solo, o te ne puoi anche andare in giro nella notte»; seguono lodi ad acqua pane vino, e «C''è la frutta e verdura in tutte e quattro le stagioni». Ma tutto questo non basta all''autore per restare: «...addio non torno più/Il mondo e piccolo ed io vorrei vedere/Un paese dove è lecito sperare». Verso micidiale, e antigovernativo ieri come oggi. Curiosamente, il mood evoca un Sergio Endrigo della stessa epoca, di cui si ricordano Zanetti&Bertoncelli nel loro interessante libro «Avanti pop ''68».

«Il dolce paese» cantava: «Io sono nato in un dolce Paese/Dove chi sbaglia non paga le spese/Dove chi grida più forte ha ragione/Tanto c''è il sole e c''è il mare blu». E se come pubblicità progresso non era granché, consoliamoci: gli ultimi spot canzonettari sono pure peggio.

Caparezza in «Vieni a ballare in Puglia» sbotta: «Abbronzatura da paura con la diossina dell''Ilva/Qua ti vengono pois più rossi di Milva e dopo assomigli alla Pimpa»; pure Gianna Nannini dà botte da orbi duettando con Fabri Fibra su «In Italia»: «..In Italia meglio non farsi operare....In Italia fai affari con la mala/In Italia il vicino che ti spara...». Tutt''altro spirito, e humour, esprimevano al Festival 1996 Elio e le Storie Tese nella esilarante «La terra dei Cachi»: «Parcheggi abusivi, applausi abusivi/Villette abusive...Appalti truccati, trapianti truccati/Motorini truccati che scippano donne truccate..». Un must ancora oggi insuperato, però la Sanità fa sempre la parte del leone: «Primario sì primario dai Primario Fantasma...Ti devo una pinza...ce l''ho nella panza».

Nella storia di queste canzoni per così dire patriottiche, il più buono è stato Toto Cutugno con «L''Italiano» del lontano 1983: «Buongiorno Italia gli spaghetti al dente/e un partigiano come Presidente/Con l''autoradio sempre nella mano destra/e un canarino sopra la finestra...».

Il più disperatamente pessimista, Franco Battiato con «Povera Patria» del ''91, in piena Tangentopoli: «Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni....Nel fango affonda lo stivale dei maiali/Me ne vergogno un poco, e mi fa male...».

Il più fantasioso e caustico, Giorgio Gaber in mille pezzi, fino all''ultimo album «La mia generazione ha perso».

Il più poetico, Francesco De Gregori che nel 1979 chiudeva uno dei suoi brani più famosi con un emblematico «Viva l''Italia che resiste»: son passati trent''anni quasi, e siamo ancora lì. (Marinella Venegoni)
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