mercoledì 15 settembre 2010
Usa: le radio "solo Internet" battono le "anche su Web"

da Radiopassioni
Basandosi sulle rilevazioni che Ando Media effettua sull'audience delle
stazioni radio americane che "trasmettono" su Web, Bridge Ratings
presenta alcune interessanti valutazioni sulla crescita del mezzo
Internet come piattaforma distributiva di contenuti radiofonici e
musicali. Le sue considerazioni non sono del tutto positive per la radio
così come l'abbiamo conosciuta finora e rappresentano un segnale
d'allarme cui forse sarebbe il caso di prestare attenzione.
L'ascolto
della radio via Internet cresce in misura sensibile, il 23%, tra
novembre 2009 e giugno 2010. Ma secondo Bridge Ratings l'aumento è
attribuito alla sempre maggiore popolarità di servizi come Pandora e
Last.fm, siti a carattere strettamente musicale che nelle statistiche
costituiscono ormai una categoria a se stante. Nelle rilevazioni Ando
Media si distingue infatti tra ascolto di stazioni radio in "simulcast"
(in pratica gli stream Internet delle stazioni che operano anche in onde
medie o in FM) e delle cosiddette "pure play", emittenti come Pandora
che si sentono esclusivamente via Internet. La famosa crescita di quasi
il 25% è dovuta in misura preponderante proprio a queste ultime.
Bridge
Ratings ha consultato un campione di utenti di Internet per cercare di
capire la ragione di questo calo di popolarità della radio tradizionale
"consumata" via Web. E la risposta è che le stazioni pure play sono più
gradite un po' perché sono personalizzabili e in seconda battuta perché
l'ascolto non viene interrotto da spot pubblicitari e chiacchiere.
Che
lezione dobbiamo trarne? La prima è l'amara ma ormai inequivocabile
conferma del calo di interesse nei confronti della radio come "formato"
in senso generale. Forse chi un tempo la seguiva fedelmente per
soddisfare le proprie esigenze in campo musicale, oggi ha capito che
Internet è uno strumento molto più efficace. Una lezione un po' più
ottimistica deriva dal confronto tra i dati di cui ho appena parlato e
un'altra serie di informazioni che Bridge Ratings ha pubblicato a fine
giugno a proposito del livello di preparazione della radio terrestre
(americana) nel raccogliere il guanto di sfida dei media digitali La
radio, scrive la società di analisi di mercato, mantiene una quota
consistente di "fedeltà dichiarata".
Oltre il 90% di americani dice
di ascoltare la radio. Ma nel corso degli anni mezzi digitali come
l'mp3, la radio su Internet, il podcasting, i social network, sono tutti
in crescita, mentre la radio rimane stabile. E questo può significare
una cosa sola: alla radio la gente dedica tempo, ma sempre meno tempo.
L'unico spazio di opportunità intravisto da Bridge Ratings è la
capacità, per la radio terrestre, di far leva su quegli stessi strumenti
che le stanno rubando il tempo. I campioni di persone interrogate
mostrano di gradire le informazioni di tipo "lifestyle", l'informazione
musicale, la possibilità di interagire con i personaggi che parlano al
microfono. Tutte cose che un sito Web ben confezionato può offrire.
Pensare che "radio su Internet" significa "streaming via Internet"
equivale a imboccare un cul de sac. La radio deve riaffermare se stessa
in un contesto molto cambiato, un contesto di relazione. In questo senso
anche la televisione generalista è un mezzo entrato un po' ovunque in
crisi (tranne che in Italia). Non si può vivere di rendita: la radio
deve inventare e reinventarsi, facendo possibilmente tesoro sulle sue
prerogative di leggerezza, tempestività, bassa invasività, suggestione
della parola e del suono. La sopravvivenza sarà soprattutto una
questione di contaminazione.
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