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Radio della speranza in Kosovo
da Voceditalia.it

La voce del militare della KFOR (Forza militare di pace in Kosovo) è categorica: “cambiare la targa appena si entra in Kosovo”. I soldati potrebbero non rispondere di ciò che dovesse accadere. In alcune zone meglio circolare senza targa, l’indecisione potrebbe salvare qualche vita.

Anno Domini: 1999. Il Kosovo è in fiamme. L’orrore che si respira e si vive è difficile da descrivere. E’ passato solo un anno da quando Milosevic ha tolto l’autonomia stabilita da Tito alla regione e la lingua albanese è vietata da un anno.
E ancora orrore, sterminio di massa, pulizia etnica, morti sgozzati per strada, donne violentate, esecuzioni sommarie, fosse comuni.
Questo è lo scenario che le truppe italiane trovano il 12 giugno 1999 mettendo piede nell’area dell’ex repubblica di Jugoslavia, dopo che la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'ONU ha autorizzato l’intervento della forza multinazionale nell’area.
L’etere tace. I mezzi di comunicazione sono annientati, come l’identità e la speranza di due popolazioni fino a qualche tempo prima cordialmente e pacificamente conviventi.

Pec era un tempo una città termale dove la nomenklatura serba andava in vacanza. All’arrivo del primo contingente appare una città deserta, piena solo di cani randagi.
E’ in questo scenario che si svolge il piccolo miracolo italiano, quella voce di speranza che dai 97 Mhz arriva in tutte le case del territorio.
Al generale Del Vecchio è stato dato poco tempo per reperire un ripetitore e le apparecchiature ma il 12 agosto 1999 Radio West (http://www.esercito.difesa.it/root/chisiamo/radio_west.asp) è già on air.
C’è l’impegno della RAI nella fornitura del supporto tecnologico e nella realizzazione dello studio radiofonico, poi arriva RTL 102.5 che permette l'ampliamento del segnale e l'installazione di un potente ripetitore.
Il Tenente Colonnello Scalas diviene l'anima di Radio West a Pec, come in passato lo era stato di Radio Ibis a Mogadiscio.
Di pari passo col lavoro operativo va avanti quello mediatico: la radio viene dotata di un vero e proprio palinsesto ed iniziano le prime trasmissioni in portoghese e spagnolo per i contingenti portoghese e argentino inglobati nella brigata italiana. Informazioni e giornali radio nelle tre lingue si aggiungono a canzoni ed intrattenimento. Ma l’etere libero e la necessità di comunicare ed informare la popolazione locale in breve tempo diviene una necessità e dà un nuovo impulso al progetto Radio West.
Si aggiungono così programmi in serbo ed albanese e le informazioni su viabilità e meteo fornite dall'Aeronautica militare italiana di stanza a Giakova.
Sotto la direzione di Arcangelo Moro, Radio West diventata un punto di riferimento per la popolazione locale, grazie ai telegiornali trasmessi nelle rispettive lingue, rubriche per bambini o d’apprendimento come “Imparo Italiano” una sorta di didattica via etere per far conoscere la lingua italiana. Si parla della pericolosità delle mine (indirizzati in particolare ai bambini), della restituzione delle armi e munizioni da parte dell'UCK (l'esercito di liberazione del Kosovo), della prevenzione degli incendi, dell’esplosione degli ordigni, della ricerca di personale scomparso.
La Telecom mette a disposizione dallo Stato Maggiore dell'Esercito un numero verde al quale telefonare sia dal Kosovo che dall’Italia, un modo per far sentire a casa anche il contingente italiano.

Ma la storia di Radio West non è l’unica in Kosovo. Nella piccola cittadina di Gorazdevac, infatti, nel 2000 nasce una nuova emittente retta da volontari: Darko Dimitjevic che con altri amici poco più che ventenni porta avanti l’emittente con l’aiuto di un computer, raccogliendo informazioni dai giornali e dai siti web o mediante interviste chiedendo passaggi ai militari dell’ONU. La Radio è soprattutto un luogo di incontro per i ragazzi che si vedono il venerdì sera prima di andare al pub, durante la settimana per raccontare la vita di tutti i giorni o per sentire in anteprima le notizie dal Kosovo. Di solito per le dediche chiamano ascoltatori appartenenti a tutte le etnie, principalmente serbi ma anche bosniaci e qualche albanese.
Senza scorta militare sarebbe impossibile attraversare le enclave serbe e la radio è praticamente l'unica via di collegamento tra le zone ancora abitate dai serbi, tanto che con altre cinque radio costituisce un radiogiornale quotidiano, Dnevnik.

La radio è una voce che echeggia in una città ormai deserta: 800 persone, tutti contadini, le altre sono tutte fuggite o vivono ora nei campi profughi in Serbia.
I serbi ascoltano Radio Gorazdevac sui 102.5 Mhz tranne quando manca la corrente. Dal 1999, l'anno dei bombardamenti NATO, infatti la corrente è alternata da frequenti black out che spengono anche la radio non dotata di un generatore.
Ma è il male minore perché niente corrente significa anche niente riscaldamenti, niente fornelli e niente acqua calda. Dalle radio a pile, allora, torna a farsi sentire Radio West con i suoi speaker improvvisati dai dialetti più disparati, i loro saluti, la loro professionalità appresa on air. Nel 2003 la sua storia è diventata un film.

Poco invece si conosce della stessa passione e dello stesso sforzo che spinge il personale di radio Goraždevac ad andare avanti, con mezzi di fortuna, nel portare parole di pace e rassicurazione via etere. Un angolo di convivenza in uno scenario mediatico governato dall’odio e dalla disinformazione che genera violenza.
Nell’enclave di Goraždevac vivono circa 600 persone senza servizi sanitari e senza lavoro. Radio Goraždevac è ascoltabile tutt’oggi in alcune aree del Kosovo sui 102.5 Mhz, quando c’è corrente.

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