
L'anno appena conclusosi ha visto lo sbarco definitivo della radio in televisione.
Per
Radio Deejay, dopo una stagione di sperimentazione, il salotto mattutino di
Linus e
Nicola Savino è diventato un appuntamente fisso sulle frequenze di
All Music;
RTL102.5 ha lanciato da quest'anno la sua ‘radiovisione’ fatta di video musicali, telecamere sui suoi deejay e stacchetti video e non più esclusivamente sonori;
Fiorello e
Marco Baldini stanno per sbarcare nella fascia pubblicitaria più ambita di
RaiUno (quella tra il TG delle 20 ed il film di prima serata) con il loro "
W Radio2... minuti".
La sensazione è che le radio nazionali abbiano rastrellato tutte le risorse disponibili sui propri canali tradizionali e sentano la necessità di ibridarsi con quanti più media possibili - come già accaduto con il web, come sta accadendo con i dispotivi digitali portatili - per allargare il proprio raggio d'azione, per seguire il proprio pubblico in ogni istante della giornata.
La crescita di investimenti e contatti nasconde un meccanismo di standardizzazione dell'informazione e dei contenuti che riduce di molto la possibilità di poter accedere ai grandi megafoni nazionali se non attraverso il cavallo di troia delle grandi agenzie di stampa e delle major. Le parole d'ordine sono
ottimizzare le risorse e
ridurre i rischi, la conseguenza più visibile è l'uniformità di tutta la filiera: le major per ridurre i rischi derivanti dal calo della vendita dei dischi investono su pochi cavalli sicuri, gli stessi che volenti o nolenti galoppano le frequenze di tutte le radio nazionali.
Per fortuna nelle nostre città non troviamo soltanto i grandi centri commerciali con le stesse catene e le stesse griffes, ma anche piccole botteghe dove trovare oggetti originali non per forza prodotti in serie. Ci riferiamo alle piccole emittenti locali che ogni giorno ci raccontano la vita che scorre a pochi passi da noi, storie simili alle nostre, con un linguaggio vicino a quello che usiamo ogni giorno. Piccole realtà che difficilmente salgono alla ribalta ma che sanno consigliarci una gita dietro l'angolo, un negozietto appena aperto sotto casa, e che soprattutto - fuori da ogni metafora - ci propongono dischi che nessuno fa più ascoltare (per esempio i grandi cantautori) o che si assumono il rischio di proporre artisti non ancora affermati ma con nuovi argomenti da portare alla nostra attenzione.
E' questo piccolo patrimonio delle nostre città, dei nostri quartieri che vorremmo preservare dalla standardizzazione. Queste voci fuori dal coro, queste piccole botteghe artigianali sempre sull'orlo della chiusura per l'ennesimo centro commerciale pronto a fagocitarle e a peggiorare per sempre la qualità della nostra vita.