sabato 10 luglio 2010
Lelio Luttazzi è nella Hit Parade
da LaStampa.it
«Lelio Luttazzi presenta: Hiiit Pareeeeid», e i ragazzini di fine Anni
'60, primi '70, correvano a casa a sentire la radio, i più temerari si
portavano il transistor finanche a scuola. Non si voleva perdere nemmeno
una nota del programma che cominciava alle 13,30. Tutti ad ascoltare
quelle canzoni che lui presentava con voce stentorea e massimo rispetto e
che si contendevano i posti in classifica, «tu mi fai girar come fossi
una bambola», «acqua azzurra acqua chiara con le mani voglio finalmente
bere», «In the Summertime» e i Mango Jerry. Luttazzi era nato il 27
aprile del 1923: lui, che con i giornali non aveva sempre avuto ottimi
rapporti, se n'è andato in sordina, vedi il caso, proprio nel giorno del
loro silenzio. Il presidente Napolitano l'ha definito «artista
raffinato e grande compositore», al RomaFictionFest è stato ricordato
dal direttore artistico Steve Della Casa e da Luca Barbareschi,
produttore del film tv «Le ragazze dello swing», dedicato al Trio
Lescano e alla persecuzioni che le tre ragazze, ebree, subirono.
Luttazzi «era» lo swing, e il padre di Barbareschi aveva suonato con
lui.
La vita gli aveva lasciato le sue ferite, la carriera stroncata quando
fu coinvolto ingiustamente in vicende di droga. Storie che nella Rai
ancora puritana del monopolio, e di diversa, ma non inferiore ipocrisia,
lasciavano il segno. Era la Rai che per un po' impedì a Mina di cantare
perché aveva avuto un figlio senza essere sposata. Luttazzi si era
ritirato, da due anni abitava nella sua Trieste, «Perché el xè un can de
Trieste e ghe piase el vin», era uno dei suoi cavalli di battaglia.
Schivo e solitario, era ritornato sul palcoscenico del Festival di
Sanremo per accompagnare al pianoforte Arisa: il suo swing davvero aveva
incantato le platee e sostenuto il successo della giovane cantante.
La musica per Luttazzi era fondamentale, fu tra i primi a inserire nella
canzone italiana le strutture del jazz. Alla radio fu grande con «Hut
Parade», lavorò per il cinema: ma la prima generazione cresciuta con la
tv lo ricorda soprattutto come conduttore. Di «Studio Uno»,
essenzialmente, quel glorioso bianco e nero, elegantissimo e seducente,
che faceva da cornice ai varietà. Varietà che duravano un'ora, che
costavano tantissimo, e per i quali si provava un'intera settimana. Era
una televisione di grandi ospiti e di grandi brani, lui suonava il
pianoforte, e i non-colori abbagliavano di contrasti. A rivederli
adesso, quei programmi, ci struggiamo per la classe e la
professionalità. Forse però cambieremmo canale, poiché l'andamento lento
non lo sopportiamo più. Anche per questo Luttazzi si era allontanato.
Con quel suo carattere tenace, lento e roccioso, la fretta compulsiva
aveva tutta l'aria di essere incompatibile.
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