mercoledì 21 luglio 2010
La vecchia radio ha conquistato il popolo della Rete
da lastampa.it
La seconda vita della radio passa per il web: mentre le frequenze Am si
spopolano e quelle Fm sono sempre più affollate, nella Rete il numero
delle stazioni radio cresce costantemente. Sono emittenti tradizionali
che provano a raggiungere nuove fasce di utenti, oppure realtà esplose
con la diffusione della banda larga, necessaria per poter ascoltare
musica con una buona qualità audio. La novità, però, è che ora le web
radio diventano mobili. Sui cellulari più evoluti, infatti, si
moltiplicano i software che consentono di ricevere le trasmissioni via
internet così non c’è più bisogno di essere di fronte a un pc per
ascoltare la top ten giapponese o le ultime novità underground di New
York.
Basta scegliere un genere e via: la musica scorre come se fosse sul
telefonino (una volta avremmo detto: sull’iPod), ma è registrata in un
hard disk a migliaia di chilometri di distanza. È il cloud computing, la
nuvola digitale cui ci si connette da ogni parte del mondo. Il sistema
sceglie poi i brani sulla base di algoritmi che analizzano le scelte
degli altri utenti, consigliando canzoni nuove o artisti mai ascoltati
prima. Ci sono i programmi che alla radio aggiungono la sveglia, per
iniziare la giornata con l’emittente preferita. Esistono le applicazioni
per ricevere migliaia di canali e quelle dedicate alle singole stazioni
(Radio Deejay, Radio Montecarlo e moltissime altre). Poi ci sono quelle
interattive: dal telefonino si inviano messaggi in diretta ai
conduttori, e altre che permettono di pubblicare su Twitter o Facebook
il titolo del brano che si sta ascoltando. Proprio come sul computer.
E in realtà telefonini come iPhone, Blackberry, i modelli Android,
Symbian e Windows Mobile sono veri computer: lo streaming di musica non è
certo un compito difficile per i moderni processori, ma semmai per le
reti mobili. Che sono sempre più sature di dati: quelli dei telefonini
multimediali e dei tanti computer portatili e fissi che si connettono al
web tramite modem e chiavette 3G. Il rischio del collasso è concreto,
tuttavia l’utente medio teme più la possibilità di superare il tetto
imposto dal contratto: oltre un certo limite mensile, che varia da
operatore a operatore, i costi infatti s’impennano paurosamente.
Eppure le case discografiche spingono per le radio sui telefonini, dove
non esiste quasi la pirateria ed è più facile sperimentare modelli di
business remunerativi. Non più solo il negozio virtuale che vende file
audio come iTunes Store di Apple (il più grande, con oltre dieci
miliardi di canzoni vendute dal 2003), Amazon, e da noi Dada e Ibs.
Aumentano le offerte di abbonamenti tutto compreso, mentre con Pandora,
Last.fm, Spotify e altri servizi, bisogna solo pagare un canone mensile o
sorbirsi una breve pubblicità, poi è possibile scegliere tra cataloghi
vastissimi, da ascoltare a casa o in movimento. Ma attenzione: per
questioni di copyright e di accordi con le etichette questi servizi sono
disponibili solo in alcuni Paesi (e in Italia c’è pochissimo).
Per i contenuti digitali si prospetta un’era nuova ma non meno
inquietante. Con il cloud computing e le web radio a pagamento, il
possesso diventa sempre più limitato e temporaneo: sono i distributori a
decidere cosa gli utenti possono fare con la loro musica acquistata
legalmente.
Chi vuol essere libero ha un’altra opzione: i telefonini da pochi euro,
infatti, incorporano spesso un sintonizzatore Fm incorporato. Proprio
come la vecchia radio, che non consuma dati, non si connette a internet,
funziona sempre. E non costa niente.
(bruno ruffilli)
|