lunedì 26 maggio 2008
così
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giovedì 22 maggio 2008
l'alternativa

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Se qualcuno facesse notare a un dipendente pubblico che non è giusto "baggiare" il cartellino e andare a farsi i fatti propri (prendere un caffè, accompagnare il bambino a scuola, fare shopping, andare in palestra, raggiungere la morosa etc), non sarebbero raro sentirsi rispondere: "Sì va be', ma guardi che io potrei starmene nel mio ufficio e non fare niente comunque (leggere il giornale, chattare con una bulgara, giocare a backgammon on line etc).
Il ragionamento non fa una grinza. Concediamo loro di cazzeggiare per evitare che cazzeggino. Dobbiamo ringraziarli per via del fatto che non brucino le nostre pratiche e non si mettano a cancellare come zuzzurelloni i nostri dati sensibili persi in qualche database statale.
Io adoro questo paese: in base allo stesso principio un vigile urbano corrotto che taglieggia i negozianti potrebbe dirci che "è già tanto se non si mette a dirigere il traffico ad cappellam".
Una guardia giurata che non fa la guardia potrebbe farci notare che siamo fortunati se non gli piglia un raptus e si mette a sparare sui passanti con la pistola d'ordinanza.
Anche a Lester ha preso una cosa del genere: se un account gli dice che il logo che ha disegnato fa schifo, lui risponde:
"Sì, va be', ma potevo farlo più brutto di così! Disegnare una cippa..."
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Bush, in fondo, si è lanciato in una guerra all'Irak nella quale ha impantanato un'intera nazione (e i suoi alleati) peggiorando solo la situazione.
Se glielo facessi notare potrebbe rispondermi che in alternativa avrebbe potuto sganciare un'atomica.
Da che parte si scende?
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martedì 20 maggio 2008
andrea
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venerdì 16 maggio 2008
La meglio gioventù? Beati leccamuso!
“Ho visto i vostri bambini. Nei supermercati, alla spiaggia, piccoli rommel dentro le vostre jeep assurde da volpi del deserto”.
Sono le parole che Diego Cugia fa pronunciare alla voce di Jack Folla durante una puntata dell'epocale trasmissione radiofonica Jack, l'uomo della folla.
Era il settembre del 2001. Quei figli del nuovo secolo erano nati nel tempo in cui le torri crollavano, le principesse facevano le veline (e/o sposavano un calciatore) e i re facevano i tronisti da Maria De Filippi. Erika e Omar massacravano mamma e fratellino. A sette anni di distanza, basta aprire la pagina di un qualsiasi quotidiano per accorgersi di quale mole di notizie di cronaca (nera o marroncina che sia) riguarda le gesta della nostra “meglio gioventù”. C'è il bulletto di classe che brucia i capelli al compagno di banco (e poi corre a pubblicare il video on line), la squadriglia neonazista (?!) della “Verona bene” che accoltella e uccide un ragazzo colpevole solo di aver negato una sigaretta. Se andate su Youtube, poi, potete vedervi la videoclip di “Stress” dei Justice: la telecamera segue un branco di adolescenti delle banlieue parigine durante le loro violente scorribande per le vie della capitale.
Senza scadere negli eccessi dell'arancia meccanica parigina, si può dire che anche da noi la cronaca di questi anni ci ha già svezzato all'idea che i nostri figli possano compiere stronzate, misfatti e crimini.
Ci ha anche abituato ad un'altra cosa: alla vista di improbabili genitori alle prese con i lori “piccoli rommel” (come li chiama Jack Folla): l'appuntamento con l'alimentarista, il corso di nuoto, il corso d'inglese, le Giovani Marmotte, il Circolo dei Canottieri e tutti quegli impegni organizzati che farebbero invidia all'agendina di un capo di Stato. Allevano in batterie monodose piccoli despoti che sbraitano come ossessi e urlano e sbattono i piedi, se qualcosa non va come vorrebbero.
I loro figli non sono neonazisti, perché non sanno neanche in che secolo c'è stato l'Olocausto. Non sono vittime di una qualche ideologia: non distinguerebbero un cosacco da un cow boy. Credono che Pinocchio sia una trasmissione di Italia Uno che parla di fighe e bella vita, che la Resistenza sia qualcosa che si studia in Fisica.
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Da piccolo, quando Lester tornava da una brillante interrogazione in
Latino e lo comunicava alla famiglia, il padre rispondeva sempre “Hai
fatto metà del dovere tuo!”. Il mio amico Lester Galloway a volte si
commuove ripensando ai sani ceffoni del padre, ai calci in culo, ai
sacrosanti “leccamuso” della madre se rispondeva male o rincasava con
mezzora di ritardo. Ripensa ai lunghi tempi morti e alla noia dei
dopopranzo d'estate, all'ora della pennichella forzata, alla prima
volta che gli hanno chiesto cosa volesse fare da grande, a che scuola
iscriversi. Ripensa a un tempo lento e paziente, fatto di cose che potevi fare e altre che NON dovevi fare.
Fatto di stagioni. Non di limiti, ma di libertà che avresti conquistato
gradualmente anche grazie ai “no” che ti facevano incazzare.
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Chiedetelo ad una qualsiasi insegnante di scuola primaria, oggi. Chiedete come sono i figli di quelli che non sanno dire certi “no”. Che sbraitano come ossessi e li vogliono vedere primeggiare in ogni cosa, a costo di schiacciare i loro compagni: andatevi a vedere una qualsiasi partita di una scuola calcio, ma più che i “pulcini” osservate i galli e le galline. La determinazione che hanno nel concepire i propri figli o come una propaggine di se stessi o come una macchina da cui esigere performance e successo.
Cugia ha coniato un ottima definizione del problema: lo ha chiamato “il fantastico infelice”, quello che “si compra in edicola o al negozio dei giocattoli e che non mantiene mai le promesse”.
Quello che a volte ti lascia, da adulto, a prenderti in faccia tutti quei “leccamuso” che non ti hanno dato da piccolo (se non t'arrestano prima).
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giovedì 15 maggio 2008
stenbai acrilico
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mercoledì 14 maggio 2008
stenbai acrilico
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martedì 13 maggio 2008
stenbai
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venerdì 2 maggio 2008
tolleranza zoro
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