Da Roma in giù le cose devono andare così bene che non resta altro che proseguire la campagna di Libia.
Il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia, approvato in via definitiva dal Parlamento del Paese nordafricano, prevede che l'Italia si impegni a realizzare «progetti infrastrutturali di base» nei limiti di una spesa di 5 miliardi di dollari (per un importo annuale di 250 milioni di dollari in 20 anni).
Detto in parole povere, andiamo a costruirgli qualche via di comunicazione e a portare l'italico ingegno (compreso qualche centinaio di unità abitative e borse di studio a libici studenti).
Risolta la nostrana questione meridionale, infatti, il nostro premier guarda ancora più a Sud, salta a piè pari Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia e sbarca direttamente in Africa.
Certo, se davvero ci fossero situazioni impellenti in Casa Nostra, il Semprenostro non mancherebbe:
a) se ci fossero terremotati ancora sotto le tende non andrebbe mica a costruire bungalow a Tripoli (?!);
b) se non si fosse risolta la cinquantennale questione della Salerno-Reggio Calabria, mica sarebbe costretto a portare altrove i suoi servigi (?!).
Sì, dev'essermi sfuggito qualcosa. Forse semplicemente non mi sono accorto che le autostrade che non vedevo c'erano veramente. Sono stato solo un malfidato (catto-comunista, ovviamente) a credere che davvero si possano impiegare 7 ore da Siracusa a Palermo (nel migliore dei mondi possibili).
O che un ragazzo ferito in un incidente arrivi morto a Caltanissetta perché la sala operatoria che avrebbe potuto salvargli la vita era chiusa per mancanza di personale.
Non devo essermi accorto che in Calabria l'autostrada c'è e funziona: credevo di aver visto solo una stretta lingua di tir e bestemmie tra cantieri deserti.
E devo aver letto male il tabellone dei treni: impossibile che da Catania a Palermo si impieghino più di 4 ore, cambiando a Messina. Due importantissimi capoluoghi di provincia raggiungibili nello stesso tempo che un milanese impiegherebbe per andare a Lione(!?)
Sì, sicuramente mi sbaglio. D'altronde se sono uno che decide di tornare in treno a Roma, sono sicuramente UNO CHE SBAGLIA.

Un Intercity, neanche troppo stagionato. 10 ore di viaggio.
Impossibile piazzare la mia unica valigia (dimensioni nella norma) negli scomparti che qualche illuminato ingegnere di TRENITALIA deve aver progettato senza considerare che se fai uno scompartimento per 6 "cristiani" devi anche prevedere che ci entrino 6 valigie.
Impossibile anche sciacquarsi le mani appiccicose di afa, umidità e umori, raccattati per stazioni e banchine.
A Reggio Calabria, l'infimo rubinetto del cesso era già inutilizzabile. Niente Acqua. Dopo qualche centinaio di chilometri torno a controllare se nelle stazioni precedenti qualcuno si sia degnato di ricaricare le pompe idrauliche. Niente.
In cambio però l'infimo è peggiorato è ora gareggia con le peggiori cloache bulgare di tutti i tempi.
Bottiglie di tè vuote, assorbenti, cartacce sgommate, liquami.
Torno nella mia carrozza, sedili luridi di grassi accumulati.
La matrona di una famiglia palermitana si vanta con una ragazza calabrese di non pagare il biglietto perchè moglie di un ferroviere in pensione, che annuisce - grasso e gonfio - al suo fianco. La cosa inquietante è che, al tempo stesso, si lamenta e impreca contro i disservizi delle ferrovie che non paga. La calabra annuisce e getta giù il breviario da conversazione politica in treno: parla della sua terra, la definisce "disgraziata". parla all'impersonale. Parla di Sistema.
Non dice "la gente è maleducata, sporca, menefreghista". Non vede che nella cabina accanto c'è un ragazzotto che non avrà neanche 20 anni che fa giocare suo figlio duenne con un cellulare che manda canzoni neomelodiche di un Gianni Celeste qualsiasi.
Il tizio si è disteso sul sedile, con le suole delle scarpe stampate sullo schienale. Sua moglie imbocca il piccolo e si lamenta dello schifo circostante.
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Intanto, andiamo in Libia!
Dio salvi la regina (o le procuri almeno una business class)!
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