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il pranzo della domenica
colazioneCanottieri
Quella sarebbe stata l'ultima domenica di sole prima che il cielo cominciasse ad assumere le tonalità di un frigorifero inespressivo. Nicoletta arrivò con ampio anticipo, perché il funerale era stato alle 10 e tra il saluto dei parenti, il passaggio davanti alla vecchia casa di famiglia e una veloce tumulazione dell'operaio comunale si erano fatte le 12.
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Da lontano avvertì il vociare dei primi arrivati, mitigato dal sole e da una piacevole brezza marina che spolverava i colli e i vigneti circostanti. 
Il cuore in gola, per quel primo appuntamento con gli tutti gli altri, gente che non rivedeva da tanto tempo...
Giunta a un centinaio di metri dalla tavola imbandita, che luccicava come un gioiello sotto al sole, si sorprese nel tentativo di cercare di riconoscere sagome e movenze di ognuno.
Avrebbe rivisto sua sorella Maria, Viola, compa' Vincenzo.
Suo padre, sua madre, suo fratello.
Sua figlia, diamine, sua figlia Katia, di cui quasi non ricordava più i tratti...
Per un attimo rimase accecata dall'impazienza e quelle sagome si unirono in un unico, indistinto, veloce movimento di vita nella campagna.
Le sembrò di riconoscere una sola persona che, seduta al tavolo, si voltò verso di lei e si alzò con una sorta di inchino facendosi più vicino di un respiro.
"Tu..."disse lei
"Sì" le sussurrò suo marito, porgendole una mano ancora giovane.
Ora riusciva distintamente a riconoscere tutti. Erano lì, davanti a lei, nelle stesse identiche fattezze di un passato ormai senza senso.
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Vino, lasagne, fiadoni, peperoni, arrosticini, torte di ogni dimensione e colore.
"Devi raccontarci tutto" dicevano impazienti le voci intorno, come se la vera meraviglia fosse lei, e non loro.
Respirò profondamente, fissandoli negli occhi e riconoscendoli tutti, uno ad uno... 
Dopo 10 giorni di coma aveva una fame da lupi e tutto il tempo che voleva per essere felice.
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...
levent
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il circo errante dell'equilibrio
LorenzoPierfeliceMacro

[...] C'è stato un tempo in cui la madre di Nunzio si chiedeva che fine avessero fatto gli Egiziani.

Possibile che chi era stato capace di costruire le piramidi che vedeva disegnate sul suo sussidiario, non fosse stato altrettanto abile nel cercare di sopravvivere?

Che fine avevano fatto i Sumeri, i Babilonesi, i Persiani?

Che sorte era toccata ai Fenici?

I Fenici, quelli di cui suo padre parlava con ammirazione, dicendo che erano stati loro a costruire il primo travocco – un giorno di tanti secoli prima.

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Se era vero che erano stati loro – i Fenici – a inventarsi quell'aggeggio così instabile eppure testardo e resistente come lo era suo padre – perché non avevano inventato il modo di resistere anche loro?

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Forse i Fenici erano solo stupidi, più stupidi delle cose che avevano inventato o scoperto.

Stupidi come gli Egiziani, i Vestini, gli Etruschi...

O forse erano solo stanchi. [...]

tratto da "Il circo errante dell'equilibrio"
opera prima e inedita di

Miroslav Kokonazakis
(372 pagine ancora tutte da sistemare)

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dormire (da bambini)
 Nonna
nostra nonna ha chiuso le imposte.
(lascia fuori da qui
un crepitare di erbacce e rovine)
Essere grandi per noi significa
non guardare in faccia
l'austera ruvidezza dei ricami
in cui ci avvolge.
Portare a termine
rappresaglie di lucertole,
abitare la canicola
con rumori di serrande picchiate,
ferraglie, fanali
(e mosche distratte
da zuccheri a idrolitina).
 
Portiamo il nome di Ramon Diaz.
Negli inverni, odiamo le domeniche
e i suoi dopopranzo.
D'estate,
con precisione minerale
la lancetta taglia
il tempo stupido
del nostro riposo.
Sfacciatamente impazienti
di avere una vita intera
per aspettare che a Lisa
(o a una sua qualche cugina)
crescano le tette,
non possiamo immaginare,
fuori,
nell'afa,
una donna
(il suo foulard
insinuato tra le cosce
come un revolver)
aspettare.


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