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Il Mediterraneo a testa in giù
revolution  

di Davide Colella

A Tunisi il fascino della Medina è rimasto intatto. Non ci sono i turisti di sempre, ma il vociare dei commercianti satura l’aria primaverile. Tra un tappeto e un pouf di pelle, i mercanti non mancano di invitarti in eleganti retrobottega per un tè alla menta. E’ delizioso sentirsi parte di questo meltin’ pot e comunicare con semplicità attraverso un misto bilanciato di francese, spagnolo e italiano. Messi da parte i convenevoli, è naturale soffermarsi con loro sui recenti avvenimenti che vedono protagonista la popolazione maghrebina.

Gli alberghi rimangono chiusi e sono ancora pochi gli europei che si spingono da questa parte del Mediterraneo. Il 24 luglio è vicino, le elezioni per l’assemblea costituente sono l’occasione di un definitivo riscatto per un paese che, in poche settimane, è riuscito a rovesciare il regime di Ben Ali, insieme a una lunga serie di cliché sul mondo arabo.
Mentre le dita si insinuano in sacchi di feltro colmi di cardamomo, cannella, semi di zucca, impossibile non cogliere ovunque il ronzio di vecchi apparecchi radiofonici che non hanno mai smesso di parlare ai tunisini.

La radio ha svolto un ruolo fondamentale nei giorni caldi della rivolta. Nelle emittenti risuona ancora la musica di Hamada Ben-Amor, in arte El General, rapper di 22 anni proveniente da Sfax. Durante la rivoluzione questo ragazzo è diventato molto popolare grazie alle sue canzoni che descrivono la vita dei suoi coetanei, in balia di povertà e disoccupazione.

Grande risonanza ha ottenuto l'attività di Radio Kalima, in Tunisia sinonimo di voce indipendente e libera. Una webradio per anni nella lista nera del ministero della comunicazione. L'attività della redazione, composta da giornalisti indipendenti e attivisti per i diritti umani, si è distinta per aver dato voce al movimento per la democrazia e contrastato i bollettini governativi con inchieste, interviste, approfondimenti, ma soprattutto dirette dal cuore della ribellione.

Secondo Francesco Diasio, segretario generale dell’Amarc Europa, Associazione Mondiale delle Radio Comunitarie, sono molte le emittenti private che, in un momento fondamentale della storia del paese, hanno deciso di aumentare gli spazi di interazione con gli ascoltatori. A Gafsa, la sede della radio regionale è stata oggetto di un assedio per chiedere un accesso diretto all’informazione. Da poche settimane, il direttore ha deciso di inserire in palinsensto spazi condotti da soggetti non professionisti. Nella radio di El Kef, nel Nord Ovest del paese, ogni notte va in onda un programma di telefonate in diretta.

In Tunisia, l’accesso alla radiodiffusione è ancora regolato da un sistema liberticida. Le emittenti non possono accendere un proprio segnale. Tutti i trasmettitori sono proprietà dell’Office National de Télédiffusion che li diffonde dietro il pagamento di un canone. Solo per coprire la capitale sono necessari 1000 euro al giorno. Un meccanismo che zittisce qualsiasi approccio no-profit alla comunicazione.
Al contrario, il sistema pubblico radiotelevisivo tunisino è il fulcro di una grossa anomalia. Dalla fuga di Ben Ali, a capo del servizio si sono già avvicendati tre direttori ma i funzionari che controllano i posti chiave sono rimasti gli stessi. Negli spazi informativi ufficiali l'indipendenza rimane limitata, mentre la carta stampata non è pronta per esercitare un ruolo diverso dal megafono del potere.

Dopo 24 anni di regime sono in molti a voler impegnarsi nella politica e nel sociale. Da poche settimane anche il sindacato nazionale dei giornalisti è tornato attivo. Tra i primi progetti da realizzare, una nuova legge per il settore audiovisivo e il varo di un centro di produzione che formi giovani cronisti. Due passi fondamentali per facilitare il processo democratico in vista delle prime elezioni libere.

A Tunisi i carri armati monitorano ancora i viali principali della città, le banche, i palazzi ministeriali, ma l’atmosfera è frizzante: una leggera euforia magnifica le imprese compiute ma soprattutto un futuro tutto da realizzare.

Anteprima dell'articolo inserito nello Speciale 1°maggio, supplemento al numero 16/2011 di Rassegna Sindacale. L'illustrazione è di Lorenzo Pierfelice.
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Radio Vaticana: a Cesano riparte la protesta dei cittadini
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Dopo dieci anni di proteste, petizioni, indagini epidemiologiche, perizie e soprattutto sentenze di tribunali, le antenne di Radio Vaticana sono ancora tutte quante lì. Nel totale silenzio delle istituzioni. Sabato pomeriggio oltre 200 persone si sono ritrovate a Cesano per ricordare a tutti che il problema di inquinamento elettromagnetico da parte di quelle antenne esiste ancora, e deve essere risolto. 

L’ appuntamento era stato pubblicizzato nei giorni scorsi attraverso un volantino e una serie di comunicati via internet. Alle 14 di sabato, alla rotonda di Via Pietro Bellino, nella zona nuova di Cesano, si sono presentate moltissime persone, forse più di quanto i membri del Comitato “Bambini Senza Onde”, promotore della mobilitazione, sperassero. 



Tutti vestiti di nero, per ricordare i lutti subiti a causa dell’inquinamento subito da quelle antenne, si sono raccolti intorno ad uno striscione dal messaggio chiarissimo: “Radio Vaticana ci uccide”. L’evento è stato immortalato da decine di fotografi presenti. 

A differenza di dieci anni fa (l’ultima grande manifestazione a Piazza Pia, di fronte alla sede di Radio Vaticana), la situazione è più chiara, e decisamente più preoccupante. 

A luglio dell’anno scorso infatti è stata consegnata una perizia, richiesta dal Giudice per le Indagini Preliminari all’interno di un processo per omicidio colposo plurimo, che ha verificato un nesso tra la forte incidenza di leucemie e linfomi che da anni si registrano nell’area e l’emissione di onde elettromagnetiche da parte del centro di trasmissione di Radio Vaticana. 



Il perito, il dottor Andrea Micheli dell’Istituto dei Tumori di Milano, dopo una approfondita indagine epidemiologica durata quasi quattro anni, ha collegato in modo evidente l’esposizione prolungata alle antenne a casi di mortalità per leucemia di circa 200 adulti e 20 bambini, includendo nell’area a rischio una porzione di territorio vastissima a nord di Roma, che oltre a Cesano comprende le località di Formello, Anguillara, Cerquetta, La Storta, La Giustiniana, Osteria Nuova, Campagnano, Ottavia, Polline Martignano, Olgiata, Isola Farnese e Suburbio Trionfale. Circa 200.000 persone potenzialmente a rischio. La tesi che quelle 33 antenne, che compongono uno dei centri di trasmissione più potenti del mondo, è stata confermata anche da una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione il 24 febbraio di quest’anno, che ha definitivamente condannato Radio Vaticana per il reato di “getto pericoloso di cose”, ovviamente in relazione all’emissione di inquinamento elettromagnetico. 



Nonostante queste evidenze, la stazione di Radio Vaticana, situata a S.Maria di Galeria, a poche centinaia di metri dalle case di Cesano, continua indisturbata a trasmettere, raggiungendo con il suo potente segnale praticamente tutto il globo terrestre. Intanto i casi di leucemie e linfomi continuano ad aumentare. La gente, esasperata, ha deciso di riprendere a mobilitarsi: “Su questo territorio non si era mai vista una partecipazione spontanea così imponente – ha dichiarato Fabio Rollo, del comitato “Bambini senza Onde” - Da qui riparte la storia di questa battaglia alla ricerca della riappropriazione del diritto alla vita e alla salute, che le antenne di Radio Vaticana ci stanno togliendo”.

Alessio Ramaccioni, Radio Città Aperta

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A Tunisi la radio che parla italiano: grati alla Sicilia per l'ospitalità agli immigrati
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Tunisi - (Adnkronos) - Radio Tunisia Canale Internazionale per un'ora al giorno racconta in lingua italiana la storia "di un'amicizia secolare". In questi giorni si parla di immigrazione: "A un paese amico come l'Italia chiediamo più apertura in materia di visti'', dice la giornalista Saloua Sejir ad Adnkronos International. E critica la politica francese: "Forma di estremismo inaccettabile"

Sarà una velina battuta dalla propaganda italiana?!?!?!


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