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serate acriliche
rosso ragazza paesaggio

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made in china
violinista
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disegni di disegni
Accendo il pc la mattina, apro la posta e tra le 10 mila mail pubblicizzanti viaaaaagra o le 18 mila di Poste Italiane e Capitalia che mi avvisano che il mio conto on line presso di loro (che non ho mai aperto) è stato violato più e più volte, trovo pure il supremo Stefano Disegni che allega quanto segue:

ferrara 1

ferrara 2
ah, andatevi a vedere il sito (firmato kapusons, ovviamente).
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i ritorni
altromare

L'albero del susino, laggiù
le gardenie a sinistra,
più in là il blù.
Il mare.
Dove, amore,
metteremo il mare?
Gli anni in quaderni gialli
e la risata dorata quando badiamo ai gatti.
In quale cofanetto dell'inverno
metteremo il temporale?
In solaio le ore della tua assenza.
Gli allori, i gerani,
la menta ai piedi
di questa promessa.
Vedrai
com'è imprevedibile la terra, amore,
se solo esisti.

Carmen Yanez
(Abitata dalla memoria, 1952)

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la Repubblica dei Nominati
cielo stremato

Si tornerà al voto con una legge elettorale che il suo stesso ideatore (uno che di mestiere dovrebbe fare l'odontotecnico e che ha i denti grigi e storti) ha definito “una porcata”.
Una riforma fatta per rosicchiare il successo preannunciato del centrosinistra nel 2006, e che oggi mette in difficoltà sia la Destra che la Sinistra, garantisce solo ingovernabilità (chiunque esca vincente dalle urne) e costringe Berlusconi e Fini a fondersi 1 mese dopo essersele dette di tutti i colori.

In realtà, il 13 e 14 aprile non andremo a votare: andremo a sancire e ratificare delle nomine decise a tavolino dalla Casta. Come infatti già avvenuto nelle scorse consultazioni, le liste saranno bloccate e verremo di nuovo privati del diritto di scegliere i nostri legittimi rappresentanti (la prima regola di una democrazia).
Come in un Grande Fratello al contrario, la nomination è sinonimo di vittoria e fortuna, dal momento che consentirebbe agli “unti dal Signore” (anzi, dalle segreterie di partito) di continuare a “stare al gioco”, di ritrovarsi eletti senza aver neanche avuto il tempo e la volontà di buttar lì due parole (sempre rimangiabili) sull'Italia che si vorrebbe.
Il 15 Febbraio Berlusconi già non ce la faceva più con le inevitabili acrobazie cui questa legge (fatta dalla sua maggioranza) costringe: «Mi sta cadendo il mondo addosso. C'è Dini che vorrebbe per sé mezzo Parlamento, c'è Mastella che si è messo a fare il matto, c'è questa rogna con Casini... Non ne posso più» (Corriere della Sera, 15/02/08).

Con questo meccanismo viene da sé che anche chi non riuscirebbe ad avere la maggioranza neanche nel proprio condominio potrebbe ottenere posizioni di potere e rappresentanza maggiori rispetto a chi è stato voluto e votato da decine di migliaia di cittadini.

Qualcuno un giorno disse: “diffido della democrazia: questo curioso abuso della statistica”.
Si chiamava Jorge Luis Borges.
Era un poeta.
E aveva ragione.



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la frammentazione della politica

la frammentazione della politica
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meno male che silvio c'è (e non ci fa)
Rosa Bianca a San Valentino

 

Questo post si doveva intitolare "Lettera agli avi di Andrea Vantini".
Il suddetto italiota ha scritto una canzone per Silvio Berlusconi e la cosa è andata a finire in automatico (testo e audio) nei vari trafiletti, in cui i giornalisti nostrani amano sfiziarsi.
Ora, non che Apicella fosse un cantautore raffinato, ma dinanzi a questa brodosa melodia (da karaoke per cerebrolesi) lo stesso menestrello di Arcore sembra un inarrivabile Vivaldi.
Amalio voleva addirittura scrivere alla mamma del suddetto.
Ho dovuto stemperare...buttare acqua sulle casse del pc che non ne voleva sapere di smetterla di looppare il pezzo.
No, non scriverò nessuna missiva ideale agli avi: saranno già trapassati a quest'ora e potrebbero far poco.

In fondo ognuno decide come meglio crede di passare alla Storia.
Se a me venisse uno a canticchiarmi sotto la finestra "vai Lorenzo Pierfelice, vai" lo denuncerei per schiamazzi e cattivo gusto.
La cosa inquietante è che il Cavaliere ne ha goduto e ha dato il suo bene placet a questo mix di Pappalardo, Emilio Fede e Joe Donatello.

A ognuno le sue colonne sonore: meno male che Silvio c'è (e non ci fa).

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fantasie primaverili di Giuliano Ferrara

ferrara corre da solo
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cieli stremati
cielo stellato
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la Cosa Rossa.



la solita mattanza

La prima volta che ho visto la Cosa Rossa doveva essere un pomeriggio. Un dopopranzo di agosto.
Apparteneva a un'amica di famiglia, che quel giorno nella calla termale di una cittadina del padovano si era infilata un vestaglia fiorata e seduta su una sdraio.
La Cosa Rossa mi si era allora rivelata, da un ingenuo accavallamento di cosce, da un mutandina da 3 mila lire al mercato rionale.
La Cosa Rossa, circondata da peluria trozkista e inutilmente alabardata di tagli alla Cosa Pubblica (un unico spacco verticistico, a dire il vero), era lì a suggerirmi campagne permanenti in cui perdere il mattarellum.
Cosa ci si potesse fare con la Cosa Rossa era allora mistero della Fede,concetto astruso e libidinoso che in fondo implicava sotterranei ricorsi al Porcellum e sacrosante adozioni della Rosa Bianca.
Bisognava essere democratici, in fondo.
Attendere preliminari e accordi di programma.
Aspirare a spinte proporzionali verso rotondità maggioritarie e non desistere, mai.

Tutto il resto è Politica.

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confusionismi

yes we can
ok, noi possiamo.
Ma cosa (possiamo)?
Decidere. Nomi di gatti, tariffe di signore annoiate sulle tangenziali.
Contorni, tra i 3 a scelta nel ristorante sotto casa.
Quale felpa infilarci la mattina, se quella rossa, blu, o verde.

Qui ci sono rape, system of a down e colori RGB.
Sempre sia (coniato).

accendete le casse, va....


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le parole sono piume.
vota male

Non me ne voglia Carlo Levi, lo scrittore e pittore italiano che più di 50 anni fa (1955) coniava il celebre motto (e titolo di un suo libro) “le parole sono pietre”.

Non me ne voglia, ma oggi le parole sono piume. Leggere, evanescenti, rimuginate e dimenticate nel giro di una notte, di una settimana, al massimo di un mese. Il tempo che è occorso a Gianfranco Fini per dimenticare le frasi pungenti con cui sanciva (ma il termine è fin troppo categorico) la fine della sudditanza da Silvio Berlusconi. A quest'ultimo, poi, è bastato saltare a pie' pari panettoni e torroni per dimenticare che ai primi di dicembre aveva quasi fondato un nuovo partito (quello del Popolo delle Libertà, ricordate?), annunciando che decine di milioni di cittadini stavano già aderendo in ogni piazza d'Italia: altro che le primarie di Veltroni!

Aveva precedentemente profetizzato ogni 2 giorni la caduta del governo Prodi, che sembrava barcollante ma che poi, alla fine, non tracollava mai. Quando il Professore è caduto, neanche Emilio Fede se lo aspettava più, dal momento che neppure il più raffinato dei politologi avrebbe potuto prevedere che sarebbe successo per un capriccio familistico di un ex alleato (Mastella) e la sfiducia di un paio di diniani (che equivalgono numericamente ai partecipanti di una riunione di condominio e si contano sulle dita della mano di uno sminatore invalido).


Anche Casini ha dovuto reingurgitare le male parole rivolte al Cavaliere e rientrare all'ovile. Qualche salto carpiato tra retorica e realpolitik per tornare sostanzialmente all'assetto di 14 anni prima, con una coalizione ancora più eterogenea che andrà dalla destra pecoreccia di Buontempo e Storace al cattovippismo dei centristi, passando per la Lega di Bossi.
Quello stesso Bossi che una volta disse:
"Silvio Berlusconi era il portaborse di Bettino Craxi. E' una costola del vecchio regime. E' il più efficace riciclatore dei calcinacci del pentapartito. Mentre la Lega faceva cadere il regime, lui stava nel Mulino Bianco, col parrucchino e la plastica facciale. Lui è un tubo vuoto qualunquista. Ma non l'avete visto, oggi, tutto impomatato fra le nuvole azzurre?"

Mentre l'impomatato rispondeva:
"Bossi parla come un ubriaco da bar" (Silvio Berlusconi, 15 agosto 1994).
"Bossi è un Giuda, un ladro di voti, un ricettatore, truffatore, traditore, speculatore" (Silvio Berlusconi, 21 dicembre 1994).
"Bossi è un dissociato mentale" (Silvio Berlusconi, 25 febbraio 1995).
"Bossi è un folle che fa dichiarazioni folli. Sembra che sia normale, invece è completamente folle" (Silvio Berlusconi, Ansa, 20 luglio 1995).

Nessuna dissonanza cognitiva, insomma, per nessuno.
D'altronde lo stesso Cavaliere il 18 marzo del '96 aveva detto "Se perdo le elezioni, vado a casa" e 12 anni dopo ci sorriderà di nuovo dai manifesti elettorali.

Questo post potrebbe intitolarsi “l'insostenibile smemoratezza dell'essere”.
Una smemoratezza bipartisan, visto che nel frattempo, tra una legislatura e l'altra, il Centro-Sinistra ha dimenticato di risolvere il conflitto di interessi, di sanare l'assetto radio-televisivo italiano e riformare il sistema delle telecomunicazioni, come di rimediare al Porcellum di Calderoli.
Tutte cose di cui magari si era parlato ardentemente nei salotti radicalchic del progressismo socialdemocratico e antiberlusconiano, mentre si era all'opposizione.
Parole, parole, parole.
(Di nuovo) parole come pietre (forse), così ben nascoste nei pugni che nessuno le può vedere.

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