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piano piano...

colore. 

"Dal 1° Marzo corrente mi trasferisco presso la casa di riposo 3 Ciliegi,  via dei Laghi 26 - km. 9 - Grottaferrata.
Ringrazio tutti per i rapporti di buon vicinato nel corso della mia lunga permanenza in via del ...numero...ed auguro ogni bene.

Maria Barbara...
piano piano int. 2"

Il messaggio è stato affisso in una bacheca condominiale da un'anziana signora del palazzo in cui abita il giornalista e vignettista Vauro Senesi, che oggi scrive un bellissimo articolo sull'argomento (DNews) intitolato "Quel malinconico valore della buona educazione".
Anche a me è quell'errore/lapsus nella riga finale a colpirmi, quel "piano" ripetuto 2 volte.
Di certo non mi fa pensare alla sonnolenza di un Gigimarzullo o al dlin dlon isterico del mio campanello, che da qui a 5 minuti squillerà sotto l'impeto del ditone del mio vicino di pianerottolo che odia i System of a Down.

Quel "piano piano", sa tanto di primavere e lentezza.
Fossi in Vauro una visita al km. 9 di via dei Laghi (a Grottaferrata) la farei. 


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tornando a casa
terra

vedi, io non ho ancora scritto una poesia.
Il fatto è che abbiamo smesso da un pezzo di giocare a vederci cambiati. 
In una città che non è la nostra (un po’ più a nord un po’ più a ovest) ordiniamo le stesse cose (io un lagavulin tu una spina senza rose intorno) a una cameriera che dice di non averci mai visto prima. 
Non abbiamo smesso di fumare. Non abbiamo smesso di non parlare del tempo, di un mutuo, della nostra terra concimata di cuori e di spade e di tutti i metri quadri in cui non siamo riusciti a infilare ciò che prima stava in una valigia. 
Vedi, io non ho ancora scritto una poesia. Vedi, tu hai ancora tre colpi di tosse al primo sorso. E' qui tra noi come un attimo di indecisione questa sera antica.
La possibilità remota di non essere ancora ciò che ci raccontiamo.
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interno sera

 attesa Interno sera
Acrilico su cartoncino
10.5 * 21 cm.

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da un vetro
da un vetro
da un vetro
acrilico su cartoncino
11.5 * 21 cm.


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la digestione è alle porte

totò  Di questi tempi Lester ed io siamo soliti girare per cene elettorali. Siamo bipartisan e nel pieno rispetto della par condicio sorridiamo squattrinati a qualsiasi volontaria/o preposta/o al banchetto delle sottoscrizioni. Sappiamo che se il buffet è organizzato democraticamente la cassa puoi trovarla all'ingresso, ma in genere se la circoscrizione è popolare non c'è obbligo categorico ergo puoi svicolare improvvisando irrinunciabili saluti e strette di mano a ignari candidati e temporeggiare quel po' che basta perchè qualche povero cameriere porti la prima portata al tavolo e si creino inarrestabili moti popolari verso le pietanze. 

Il trucco sta nel sorridere ammiccanti al preposto lanciandosi in improbabili strizzate d'occhio significanti “tranquillo, sgancerò quanto prima l'obolo, ma ora fammi onorare il padrone di casa”.

Lester è un bravo ragazzo, ma ha un difetto: non c'è nome che possa imprimersi nella sua memoria e così mi chiede in continuazione come si chiami questo o quel politico, sbagliandone puntualmente nome e cognome. Qualche sera fa eravamo a una cena di non ricordo quale partito (che non avremmo mai votato) e continuava a stringere la mano e promettere sostegno a tale Rinaldo. Lo ha salutato con un “Salve Ginaldo”, poi ha proseguito con (nell'ordine) Romualdo, Aldo, Renato e una serie di altri nomi impossibili. Fortuna che tra centinaia di persone, il povero politico non può far altro che sorridere ammiccante, tanto non ti ascolta. Non legge neanche il labiale, tanto non vede l'ora di svicolare e passare all'abbraccio successivo.

C'è una strana fratellanza in queste cene. Ti senti qualcuno: sarà per questo che il nostro sport preferito è girare per cene elettorali, popolare anche noi quest'umanità mangereccia che si aduna per il solo gusto di esserci e sentirsi promettere qualcosa tra una tartina piena di salsa tonnata e una pasta e fagioli. Non lo facciamo per fame: il nostro è puro interesse enogastro-antropologico. Crediamo a una lettura del sociale per come esso promana dalle abitudini libatorie delle conventicole.  E' un po' come leggere i fondi del caffè scrutando nel fondo più fondo dei vassoi altrui, di gente che non ti è fratella e neppure sorella. 

L'enogastro-antropologia applicata alla campagna elettorale è l'arte di addentare una pizza farcita e dedurne categorie ontologiche. 

Sappiamo oggi che ci sono sostanziali differenze tra centrodestra e centrosinistra, tra contesti social-riformisti, laici, cattolici, moderati, radicali, destrorsi, oltranzisti o centristi che siano. 


In genere, Lester ed io, riscontriamo che negli appuntamenti di centrodestra c'è più figa, giovane, pulita e acchittata, mentre persiste a sinistra lo stereotipo della zecca pelosa, che se giovane insiste coi rasta derivanti da settimane di incuria, miele e catrame, se attempata cova in sé residui di femminismo e frigidezza che se non è comunista è quantomeno cattolica. Gli ex democristiani (o aspiranti tali) hanno seconde (o terze) mogli abbastanza piacenti, fatte e rifatte come il naso di una cocainomane, ma in fondo annoiate, ergo ammiccanti. L'uomo di sinistra soffre fin dalla giovane età dell'insorgere di protuberanze panzute, mentre qualcuno dovrebbe dire al destrorso che sarebbe da evitare la giacca nera se si hanno problemi di desquamazione cutanea.

Ieri sera c'era un liberal democratico (diniano): lo abbiamo riconosciuto dalla cravatta spinata a riflessi giallini e dal modo circospetto con cui si aggirava tra i posacenere.


Si potrebbero scrivere logorroici pamphlet sulla fenomenologia dei menù propinati da destra a sinistra, ma non è questa la sede (o forse lo sarà in seguito). Qui importa solo constatare ciò che indifferentemente accade sia tra i devoti der Pecora (Teodoro Buontempo) che tra gli oltranzisti di Turigliatto, passando pure per i clientes di Budget Bozzo: la ressa al buffet. Ho visto aspiranti assessori e assessore aspirare materialmente brodaglie nouvelle cuisine e fiondarsi verso il vassoio di tartine con la foga di un undicenne al suo primo porno. Lester fa notare che se prendessimo Giuliano Ferrara e lo paracadutassimo nudo su una tribù di cannibali a digiuno, gli stessi sarebbero più educati e controllati. Ho visto un tipo col gilet verde caricarsi nel piatto una quantità di bruschette con la salsiccia che avrebbe sfamato un intero campo rom. Ho visto ossequiosi portaborse avere premura che il gran capo non avesse un calo di zuccheri e propinargli - come mammina affettuosa - intingoli tra un sondaggio e l'altro. 


Lester ed io ci annoveriamo ancora tra gli indecisi, che tanto assillano Renato Mannheimer, ma dinanzi a simili scene luculliane ci è tutto più chiaro ed evidente.

Se il nuovo avanza (o dovesse avanzare) ce lo riscalderemo il giorno dopo.

Di certo, la digestione è alle porte.



il blog di Zoro (e le altre puntate di "tolleranza zoro")

PS (che non significa "Partito Scrocconi"):    ugo auguri compa'!
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toxicity
anni ottanta
toxicity
Acrilico su cartoncino
11.5 * 21 cm.

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biutiful cauntri
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