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il grande Sud
tornare

Essere ciò che resiste di infinite metamorfosi.

(il residuo di una serie di date in cui mi capitava di non morire).

Non chiedermi più chi sia l'intruso che abita gli specchi e con me divide il nome, gli orgasmi e l'affitto.

Solo frammenti di Bellezza e Continuità, qui. 

Un'idea impercettibile di respiro (tra la luce e il gelo).

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Non è un ufficio per vecchi - ovvero, le passioni estive del mio amico Galloway

badminton 
[...] una giovinezza che non si gode è come un volano che si lascia per terra, nella sabbia, invece che lanciarlo in aria.
Arthur Schnitzler

E noi ce la godiamo, Lester ed io, 'sta giovinezza quasi abissina.

Dice Lester che ha comprato il volano così, per sfizio, perchè costava 3 euro e se ne stava mogio mogio tra gli scaffali di un discount sotto casa.

E così abbiamo iniziato a praticarlo in ufficio, usando la postazione di un collega come immaginifica rete.

Ho pensato che se tra quegli scaffali Lester avesse trovato in offerta un set di coltelli a quest'ora staremo qui a fare i lanciatori e il Matto farebbe il bersaglio, come  l'alter ego barbuto di Vanessa Paradis ne “La ragazza sul ponte”.


21 giugno. Estate. Se chiamasse Bill Gates per acquistare la kapusons la segreteria risponderebbe:

“non siamo qui...e ammesso ci fossimo, lasciateci prima terminare la nostra partita a volano”.

Ieri ad esempio, il mitico account Giansante ha dovuto aspettare una mezzoretta,  prima di comunicarci che la nostra campagna aveva avuto l'ok degli uffici intermedi comunicazione e marketing.


Arte di previsione e precisione.

Lester dice che se cadendo in tuffo per raccogliere la pallina piumata dovesse malauguratamente sbattere contro l'angolo vetrato del tavolino all'ingresso e morire, gli piacerebbe leggere sulla sua lapide.

“Qui giace Lester Galloway. 

Si provò nell'arte della poesia, della precisione e della fatica.

Amò il Badminton. Per esso, sudaticcio, spirò.”





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che vedi?

che vedi?

[lo sai...che la musica è moby(le)
]
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dietro casa
di là
[se ci va male moriamo]



Quando si chiude la scuola, per me e Croce comincia un tempo dilatato e irreale, come la calla che scende sulle cose e ingrassa il ferro dei binari che costeggiano il mare.
l paese, con i suoi dintorni, diventa territorio di conquiste e scoperte. Ci spingiamo in bici fino al Colle della Vecchia, dove accanto alla casa disabitata c'è la cisterna comunale per la raccolta dell'acqua piovana e il gracidio delle ranocchie spesso si sente fino al travocco.

Cerchiamo di beccarle con i sassi. Aldo dice che possiamo farci un bel gruzzoletto se le rivendiamo ai ristoranti cinesi della città. Un giorno di qualche estate prima mi aveva proposto di aprire un allevamento di ranocchie costruendo una piscina artificiale sotto il pontile del travocco.
Croce a volte mi racconta che quando saremo grandi, come Michele e Bisanzio, dovremo combattere contro i cinesi della città vicina, per il controllo dei traffici di ranocchie della cisterna.
“Se ci va male moriamo” amava ripetere Aldo in quei giorni.
Era inevitabile. Aldo ed io saremo diventati ricchi e conosciuti da tutti, proprio come lo era Mimì Ametrano. Pure di più.
Quando mio padre si accorse che avevamo quasi disseppellito i pali di legno per scavare l'acquitrinio, mi prese per le orecchie ed io non uscii di casa per due settimane. Il mare e l'estate lì fuori divennero un mondo bianco, giallo e blu i cui rumori mi arrivavano attutiti dal cortile di casa.
Un'altra volta toccò alle lucertole, poi alle formiche. Alle une tagliavamo la code, le altre bruciavano come peccatrici sotto il raggio silenzioso delle nostre lenti di ingrandimento.

Oltre la cisterna non andavamo mai.

“C'è il cane di Calisto di là a far la guardia ai porci” ripete Croce ogni volta che siamo davanti alla rete metallica che separa la cisterna dai terreni di Calisto “È un incrocio tra un pastore abruzzese, un lupo e una volpe!”
“Seee....E che hanno fatto un'orgia?!” esclama sempre mio fratello Michele quando lo sente raccontare questa storia.
“Ha la rogna” dice Bisanzio.
Ha anche un occhio guercio e la pelle tirata lungo le gengive in cui si avvitano pochi aguzzi denti gialli. Calisto non gli ha neanche dato un nome: si rivolge a lui con mugugni e bestemmie e il cane capisce.
Può capitare, a volte, che l'animale arrivi fino alle prime case del paese per razziare le ciotole nei cortili. Te ne accorgi perché la mamma di Papponetti si mette a urlare come un'ossessa dal balcone contro quel demonio, cosicché dal dirupo più a sud del paese rimbomba per i colli sottostanti il grido della donna che ripete
“'Sgrazia'! 'Sgrazia'!”

Tra la cisterna e il casolare dei porci c'è una radura di erbacce e fogliame indefinito, poi un campo di granturco.
Se ci avventurassimo di là, attraverso le falle della recinzione rischieremmo di incrociare la bestia e la cosa migliore che potrebbe succedere sarebbe sentire una bestemmia di Calisto e vedere il cane avvicinarsi guaiendo al padrone, l'unico di cui ha paura.
“Se ci va male moriamo”

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dormi?
dormi?
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se non ci fosse Kappo, il MANIaco
mani di merda 1
Ho scoperto che il solito Kappolella un paio di giorni fa ha pubblicato (sul suo blog incantevole e difficile) la bellissima lettera di Paz, che anch'io avevo letto in una delle più complete mostre romane sull'artista.
Ricordo che ero uscito con gli occhi lucidi da quella mostra, ma quella lettera - quelle parole - avevano da subito iniziato a sfuggirmi...
Ora sono (anche) qui...

Bologna, 28 gennaio 1975 

Ciao bella 

sto fumando una sigaretta, ho appena finito di pranzare, e sto battendo a macchina questa nella stanza di Nicola e Robby, poiché Gino, dopo una notte insonne, non si è ancora svegliato. 

Mezz’ora fa, aggrappato a un telefono in un bar, ti parlavo. 

Odio il telefono. 

E’ uno strumento freddo e distante, incapace a far trasparire il benché minimo sentimento, ed assolutamente xxxxxxxx inadatto come mezzo di augurio. 

E i miei, stamane, volevano essere i più sinceri possibili, non solo in apparenza ma perché realmente tali. 

Ti scrivo questa di getto, usando le copertine di alcune dispense di regia, perciò scusa gli eventuali errori e l’evidente ineleganza strutturale. 

Ho provato diverse volte a scriverti, ma in tutti i tentativi il bisogno di originalità e la mancanza di idee mi hanno sempre fregato, costringendomi ad appallottolare il foglio, dopo due righe e a gettarlo nel cestino già colmo. 

Odio il telefono. 

Ciao come stai? 

Bene grazie, e tu? 

Anch’io bene, grazie. 

Ciao, come stai? Cosa si può rispondere in un telefono con quindici gettoni dentro, col tempo contato, mentre il cuore ti scoppia dalla gioia di parlarti e lotti per non darlo a vedere, e il giradischi o la radio sono a tutto volume e il locale è pieno di gente? 

Bene grazie. 

Non ti puoi mica mettere a urlare che mangi riso al burro da due giorni, a pranzo e a cena, che non vedi una bistecca da una settimana, e che ti sembra di star bene solo perché non stai peggio degli altri studenti, che più o meno vivono come te. 

Non puoi mica urlare nella cornetta che sei stanco di non fare mai niente, stanco delle nottate passate in luoghi fumosi, in cinema di terza, a giocare a carte, a leggere Godard, a sognare Pescara, a frequentare ragazze nottambule e senza scrupoli, a disegnare con rabbia e senza voglia, a giocare a pallone in un campetto male illuminato, a studiare “PHOTOGRAPH” seduto sulla tazza del cesso, ad aspettare autobus che non arrivano mai, ad inseguire donne misteriose sotto i portici, a misurare lo spessore della nebbia in Piazza Maggiore, a frequentare cabaret sulla via del fallimento, quattro gatti e una chitarra, barzellette e canti cileni, bowling deserti, a bere cioccolate nei bar dell’ultima ora, e rompersi le palle nei cineforum, stasera giriamo le gallerie d’arte, c’é Emanuelle, compriamo una bottiglia di Ballantine’s o di Chiva’s Regal e tiriamo l’alba. 

Come sto? 

Sto che ne ho le tasche piene di disegnare ascoltando Supersonic, per voi giovani, Popoff, Stevie Wonder, Miles Davis, Alice Cooper, i Chicago, etc, non ne posso più di svegliarmi ogni giorno alle quattordici, se tutto va bene, la stufona non ha perso gas e sono morto, o se non apro gli occhi su un cielo già maledettamente stellato. 

Cosa posso dire per telefono? 

Che l’università forse funziona, ma io non posso dirlo perché non ci vado mai? 

Che sono di nuovo impelagato nella politica, che passo ore a sfidare sconosciuti a ping pong nel circolo studentesco, che vorrei piangere al pensiero della pila inverosimile di piatti che mi aspetta appena finita questa lettera? 

Come va? 

A cazzo di cane, ecco come va. 

XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX Sono un artista, vero Isa?, e non posso per questo permettermi il lusso di essere volgare. Ma io me ne frego di essere un artista, se poi non posso dire ciò che penso fino in fondo! 

Se l’essere un artista, ammesso ch’io lo sia, e nutro dubbi in proposito, deve condizionarmi, ebbene io non sono un artista, sono uno studentaccio volgare, scurrile, triviale, meridionale e cafardo. 

E porca eva, che vita di merda! 

A Pescara, almeno, non mangiavo nemmeno il tanto, anzi facevo la fame, ma mi sentivo più pulito, dentro e fuori, qui con una doccia al giorno riesco sì e no a grattarmia via un’oncia di smog, e per pulirmi “dentro” non basterebbe una fabbrica di detersivi. 

Ragazzone DAMSiste con i capelli sporchi e tampax grossi così sotto i jeans, che sembra abbiano l’uccello al posto della fica, omosessuali musicisti, maoisti pazzi e sconcertanti nelle loro pretese, ecco con chi ho giornalmente a che fare. 

Sono stato a cercare di mettere un po’ d’ordine nel collettivo di facoltà, secondo le nuove ristrutturazioni ideologiche attuate da Mao durante la rivoluzione culturale, posso farlo essendo rappresentante del Vento Rosso, e mi hanno preso per REAZIONARIO solo perché il fare sciopero per aiutare i post-telegrafici di Modena non credevo potesse servire a noi del DAMS; 

Manifesto, Lotta Continua, Marxisti-leninisti, Maoisti, radicali e Comunisti qui nella rossa Bologna si scannano fra loro, invece che unirsi a combattere uniti i Parlamentini. 

Sono stato a sentire Venditti e Perigeo al Palasport e mi hanno accusato di scarsa intellettualità. 

Chiedo loro chi era Schopenauer e non lo sanno! 

Se Squartina (regia) mi dice, dopo un intervento, “osservazione esatta, bravo”, faccio la figura del leccapiedi, e se vado un giorno in facoltà con le scarpe da tennis, tutti a dire: “toh, Andrea con le scarpe da tennis”, lasciando facilmente intuire che una delle loro più importanti occupazioni sia il vedere e annotare con che paio di scarpe APAZ viene a scuola! 

Ragazze con pellicce di lupo, borse di Viton, loden da ottantamila lire, gonne di s.laurent, e tipini in rayban a specchio, magliette Ritz in cashemire e Barrows, mi danno del provinciale se porto tutti i giorni lo stesso jean a tubo e gli scarponi. 

Al diavolo. 

Maledetto telefono. 

Come stai? 

Bene grazie...e tu? 

Così così (oppure bene, o male, o benissimo, o benissimo) 

(o malissimo, o malissimo, oppure bene grazie) 

Ti passo Sandra, vuoi parlare con Sandra? 

Si, grazie. 

Saaaannnnddddrrrraaaaa!!!!!! 

Ciao Sandra. 

Ciao Andrea come stai? 

Potrei star peggio, e tu? 

Così così, ti ripasso Isabella. 

Ciao Sandra. 

Ciao Andrea. 

Ciao Isabella. 

Ciao Andrea. 

Come va con Guido? 

Bene, da un po’ bene. 

Meno male. 

... 

Auguri. 

Grazie. 

Ciao. 

Ciao Andrea. 

Ciao Isa. 

Ciao. 

Ciao. 

CLICK. 

Ed è la fine. 

Fine della conversazione, della telefonata, dei gettoni. 

Volevo dirti tante cose e non ti ho detto niente. 

Vorrei tanto vederti e parlare con te, verrai a Pescara? 

A Pescara, l’otto febbraio. 

Porta tutti, se puoi, se loro possono e se volete. 

Dillo anche a Nanni, credo di essergli amico. 

OGGI, VENTOTTO GENNAIO MILLENOVECENTOSETTANTACINQUE, LA DOLCE ISABELLA COMPIE QUINDICI ANNI. AUGURI. 

Andrea.


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le gambe molli
pazienza
...20 anni fa moriva andrea...pazienza...continueremo ad avere le gambe molli...
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con sudaticcia cura

(...)

 Da noi capisci che la stagione è iniziata quando una mattina tra maggio e giugno senti scricchiolare più del dovuto il ponticello del travocco e sporgendoti dal bancone del bar vedi un ciccione barbuto e una donna molto più giovane di lui avanzare sorridenti verso mia madre. Li segue un cane bassotto, con le palle che gli strusciano a terra, la flemma di un vecchio cardiopatico che evidentemente segue la stessa dieta del padrone. le vent nous portera 

"Signor Vassilli bentornato" dice Ma', poi si rivolge alla donna che è con lui "Signorina...", poi al cane "e tu sempre ciccionissimo eh, Vlado?".


Mia madre si ferma un po' a parlottare con il signor Vassilli, che dev'essere stato russo una volta, ma ora fanno trent'anni che è in Italia, che insegna qualcosa e che dipinge travocchi. Vive da qualche parte più a nord, ma ogni estate si affitta una stanza della masseria di Mimì e viene al mare da noi.


Qui capisci che la stagione è iniziata quando Aldo Balagutti comincia a chiederti con insistenza se la russa è già arrivata.

"Non è russa” gli faccio notare.

"Mimì o'president dice che sono comunisti! E il panzone è una spia. Dice Mimì che nessuno campa dipingendo cagate" 

"...”

"E poi O'president è l'unico a poterlo sapere, visto che alloggiano da lui alla Masseria”.

Ogni principio d'estate, quando sento scricchiolare il ponticello malfermo del travocco, so che il Bala, con immaginifica malinconia, congeda per le vacanze estive le tette della maestra Delia.

Le rimanda a settembre e si dedica, con sudaticcia cura, a quelle in fase di cottura della signorina Vassilli.


(...)


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aldo dice

(...)


le vent nous portera 2

Aldo dice pure che da piccolo lo hanno portato da un mago, perché sapeva volare ma poi ha perso i poteri dopo le radiazioni di Chernobyl. Dice che suo cugino Luigione ha fatto la curva della Madonnina del Porto a 160 km orari con una Clio 16 valvole. 

Dice che il suo Big Jim una volta, di notte, ha camminato da solo e che suo padre, che fa l'infermiere, una volta ha operato uno senza anestesia perché il chirurgo era morto d'infarto durante l'operazione.

Dice che in allenamento ha fatto due volte il tunnel a Papponetti.

"È per questo che ci odiano, lui e il Roscio" dice.

"Che c'entro io?"

"Perché tu sei mio amico" dice.

Prima per telefono, quando l'ho chiamato per dirgli che saremo passati a prenderlo col pulmino di Benito verso le due, mi ha detto che si sarebbe fatto trovare al bivio della stazione. 

Ha detto che doveva prima seppellire Rocco.


"Rocco?!Che ha fatto?” chiedo.

"Una volpe, credo, stanotte. Ci ha salvato la vita a tutti in casa! Paolino dice che le volpi seguono il sudore umano e sai che succedeva se entrava dalle finestre...”


Poi mi ha detto che s'è messo l'orecchino e che a settembre si iscrive a pugilato.


(...)
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