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Radio Vaticana: superati i limiti, aperta la strada ai risarcimenti da elettrosmog

da il messaggero.it

«Dalla lettura degli atti appare evidente e pacifico che sono stati superati i limiti di esposizione e i valori di attenzione previsti da tutte le leggi speciali in materia». Lo scrive, secondo quanto riportato dal Codacons, la II corte di appello di Roma nelle motivazioni alla sentenza di secondo grado per l'inquinamento elettromagnetico prodotto in alcune zone a nord di Roma dove si trovano, tra l'altro, gli impianti di Radio Vaticana.


Il processo di appello si è concluso il 14 ottobre scorso con la dichiarazione di non doversi procedere per sopravvenuta prescrizione nei confronti del cardinale Roberto Tucci e il non doversi procedere per «morte del reo» nei confronti di padre Pasquale Borgomeo, rispettivamente ex presidente del comitato di gestione di Radio Vaticana ed ex direttore dell'emittente. «La circostanza - è detto nella sentenza del collegio presieduto da Antonio Cappiello con riferimento al superamento dei limiti - è provata oltre che dalle misurazioni anche dalla conoscenza dei fatti da parte della Santa Sede che istituì nel luglio del 2000 una commissione bilaterale proprio per la soluzione dei problemi legati all'intensità dell'emissione elettromagnetica della stazione di Radio Vaticana». «Tanto è vero - si legge nella parte di motivazioni diffuse dal Codacons - che il Pontificio Collegio Germanico della Santa Sede ordinò l'allontanamento dei mezzadri dai terreni della Santa Sede a causa del pericolo derivante dall'aumento dell'intensità della stazione trasmittente per le persone».

Secondo Carlo Rienzi, presidente dell'associazione di utenti e consumatori , i giudici d'appello «hanno affermato un principio molto importante poichè da oggi qualsiasi emissione di onde elettromagnetiche, qualora produca disturbi di qualunque tipo alla popolazione, potrà essere denunciata anche penalmente attraverso lo strumento dell'articolo 674 del codice penale che punisce il getto pericoloso di cose. Non solo, la sentenza ha aperto la strada a possibili richieste milionarie di risarcimento, considerando che sono in fase istruttoria le indagini per i decessi legati agli impianti dell'emittente vaticana».ROMA 829 aprile) - «Dalla lettura degli atti appare evidente e pacifico che sono stati superati i limiti di esposizione e i valori di attenzione previsti da tutte le leggi speciali in materia». Lo scrive, secondo quanto riportato dal Codacons, la II corte di appello di Roma nelle motivazioni alla sentenza di secondo grado per l'inquinamento elettromagnetico prodotto in alcune zone a nord di Roma dove si trovano, tra l'altro, gli impianti di Radio Vaticana.

Il processo di appello si è concluso il 14 ottobre scorso con la dichiarazione di non doversi procedere per sopravvenuta prescrizione nei confronti del cardinale Roberto Tucci e il non doversi procedere per «morte del reo» nei confronti di padre Pasquale Borgomeo, rispettivamente ex presidente del comitato di gestione di Radio Vaticana ed ex direttore dell'emittente. «La circostanza - è detto nella sentenza del collegio presieduto da Antonio Cappiello con riferimento al superamento dei limiti - è provata oltre che dalle misurazioni anche dalla conoscenza dei fatti da parte della Santa Sede che istituì nel luglio del 2000 una commissione bilaterale proprio per la soluzione dei problemi legati all'intensità dell'emissione elettromagnetica della stazione di Radio Vaticana». «Tanto è vero - si legge nella parte di motivazioni diffuse dal Codacons - che il Pontificio Collegio Germanico della Santa Sede ordinò l'allontanamento dei mezzadri dai terreni della Santa Sede a causa del pericolo derivante dall'aumento dell'intensità della stazione trasmittente per le persone».

Secondo Carlo Rienzi, presidente dell'associazione di utenti e consumatori, i giudici d'appello «hanno affermato un principio molto importante poichè da oggi qualsiasi emissione di onde elettromagnetiche, qualora produca disturbi di qualunque tipo alla popolazione, potrà essere denunciata anche penalmente attraverso lo strumento dell'articolo 674 del codice penale che punisce il getto pericoloso di cose. Non solo, la sentenza ha aperto la strada a possibili richieste milionarie di risarcimento, considerando che sono in fase istruttoria le indagini per i decessi legati agli impianti dell'emittente vaticana».
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Chiusa radio ’ndrangheta In onda i pizzini della cosca


da ilgiornale.it

ROSARNO (Reggio Calabria) - Non vedeva l’ora di essere trasferito dal carcere di Palmi, il boss Salvatore Pesce. Voleva sapere al più presto, dalla sua cella, se l’avvocato era riuscito a presentare tutti i documenti. Poi, all’ascolto di quella canzone, il sorriso era affiorato sulle sue labbra. La risposta era sì, il trasferimento era cosa fatta. Per fare arrivare i messaggi ai boss in carcere, a Rosarno, c’era Radio Olimpia. «Se è positivo mi mandi una canzone questa sera alla radio, se è negativa me ne mandi un’altra», ordinava alla moglie Salvatore Pesce. E la radio di famiglia, totalmente abusiva in uno stabile alle spalle del Duomo cittadino, mandava nell’etere i brani indicati, le comunicazioni in codice che permettevano ai capocosca di comandare dal carcere come se fossero a casa loro.

Radio Olimpia, ieri, è stata sequestrata insieme ad altri beni dei Pesce e quaranta affiliati alla ’ndrina di Rosarno sono stati fermati nel corso di un’operazione interforze di carabinieri, polizia e guardia di finanza e polizia penitenziaria. Per esercitare il loro potere, spiegano il procuratore Giuseppe Pignatone e il suo aggiunto Michele Prestipino, le cosche hanno il bisogno incessante di comunicare. E, infatti, i Pesce avevano pensato di intestare ad un prestanome un’emittente radiofonica tutta al loro servizio. Salvatore Pesce, addirittura, progettava di farsi una radio a casa se gli avessero concesso gli arresti domiciliari.
Il suo fedelissimo Domenico Giovinazzo già si vedeva speaker e direttore dell’emittente. Spiegava alla moglie: «Turi si fa la radio a casa e lo fa dalle 6 alle 8. Diciamo noi che vogliamo salutare la famiglia e gli scriviamo una lettera e lui la legge, fa tutto solo per i carcerati». Le indagini della procura sono partite subito dopo l’omicidio, per mano degli avversari Ascone, di uno dei killer più fidati della cosca Pesce, Domenico Sabatino. Le intercettazioni hanno consentito di accertare dal vivo la dinamica criminale del gruppo, fornendo indispensabili elementi di comprensione del sistema gerarchico interno alla cosca. La vendetta per la morte di Sabatino è stata a lungo meditata: i Pesce si sono più volte consultati, hanno valutato rischi e benefici di una loro risposta violenta. Ciò ha disvelato una buona parte dell’organigramma della cosca Pesce, i cui sodali liberi, ma anche quelli detenuti, si sono attivati per progettare, ordinare ed eseguire gli omicidi che avrebbero permesso alla famiglia di tornare a dominare il territorio. Il clan aveva anche pensato di uccidere Maria Ferraro, convivente per lungo tempo di Salvatore Pesce, per la decisione di quest’ultima di collaborare con gli investigatori, una volta interrotta la relazione con Pesce.
Secondo quanto è emerso dalle indagini, il ruolo delle donne nella gestione degli affari della cosca Pesce sarebbe stato molto attivo e si sarebbe concretizzato, in particolare, nel reimpiego dei proventi delle attività illecite gestite dalla cosca, in particolare estorsioni e traffico di droga.
Ma gli interessi dei Pesce erano anche nella squadra di calcio, perché il calcio porta voti, consensi e anche molti soldi. Così, nella rete, è finito anche Domenico Varrà, presidente della Società di calcio «Rosarnese». Varrà era impiegato presso il comune di Rosarno sciolto per infiltrazione mafiosa e sono documentati i suoi rapporti stretti con quasi tutti i componenti della famiglia Pesce.
Ma il clan non gestiva solo la Rosarnese. C’era anche il Sapri calcio, dove lo stesso Marcello Pesce, uno dei capi indiscussi, era subentrato quale socio occulto di maggioranza.
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Il Mediterraneo a testa in giù
di Davide Colella

A Tunisi il fascino della Medina è rimasto intatto. Non ci sono i turisti di sempre, ma il vociare dei commercianti satura l’aria primaverile. Tra un tappeto e un pouf di pelle, i mercanti non mancano di invitarti in eleganti retrobottega per un tè alla menta. E’ delizioso sentirsi parte di questo meltin’ pot e comunicare con semplicità attraverso un misto bilanciato di francese, spagnolo e italiano. Messi da parte i convenevoli, è naturale soffermarsi con loro sui recenti avvenimenti che vedono protagonista la popolazione maghrebina.

Gli alberghi rimangono chiusi e sono ancora pochi gli europei che si spingono da questa parte del Mediterraneo. Il 24 luglio è vicino, le elezioni per l’assemblea costituente sono l’occasione di un definitivo riscatto per un paese che, in poche settimane, è riuscito a rovesciare il regime di Ben Ali, insieme a una lunga serie di cliché sul mondo arabo.
Mentre le dita si insinuano in sacchi di feltro colmi di cardamomo, cannella, semi di zucca, impossibile non cogliere ovunque il ronzio di vecchi apparecchi radiofonici che non hanno mai smesso di parlare ai tunisini.

La radio ha svolto un ruolo fondamentale nei giorni caldi della rivolta. Nelle emittenti risuona ancora la musica di Hamada Ben-Amor, in arte El General, rapper di 22 anni proveniente da Sfax. Durante la rivoluzione questo ragazzo è diventato molto popolare grazie alle sue canzoni che descrivono la vita dei suoi coetanei, in balia di povertà e disoccupazione.

Grande risonanza ha ottenuto l'attività di Radio Kalima, in Tunisia sinonimo di voce indipendente e libera. Una webradio per anni nella lista nera del ministero della comunicazione. L'attività della redazione, composta da giornalisti indipendenti e attivisti per i diritti umani, si è distinta per aver dato voce al movimento per la democrazia e contrastato i bollettini governativi con inchieste, interviste, approfondimenti, ma soprattutto dirette dal cuore della ribellione.

Secondo Francesco Diasio, segretario generale dell’Amarc Europa, Associazione Mondiale delle Radio Comunitarie, sono molte le emittenti private che, in un momento fondamentale della storia del paese, hanno deciso di aumentare gli spazi di interazione con gli ascoltatori. A Gafsa, la sede della radio regionale è stata oggetto di un assedio per chiedere un accesso diretto all’informazione. Da poche settimane, il direttore ha deciso di inserire in palinsensto spazi condotti da soggetti non professionisti. Nella radio di El Kef, nel Nord Ovest del paese, ogni notte va in onda un programma di telefonate in diretta.

In Tunisia, l’accesso alla radiodiffusione è ancora regolato da un sistema liberticida. Le emittenti non possono accendere un proprio segnale. Tutti i trasmettitori sono proprietà dell’Office National de Télédiffusion che li diffonde dietro il pagamento di un canone. Solo per coprire la capitale sono necessari 1000 euro al giorno. Un meccanismo che zittisce qualsiasi approccio no-profit alla comunicazione.
Al contrario, il sistema pubblico radiotelevisivo tunisino è il fulcro di una grossa anomalia. Dalla fuga di Ben Ali, a capo del servizio si sono già avvicendati tre direttori ma i funzionari che controllano i posti chiave sono rimasti gli stessi. Negli spazi informativi ufficiali l'indipendenza rimane limitata, mentre la carta stampata non è pronta per esercitare un ruolo diverso dal megafono del potere.

Dopo 24 anni di regime sono in molti a voler impegnarsi nella politica e nel sociale. Da poche settimane anche il sindacato nazionale dei giornalisti è tornato attivo. Tra i primi progetti da realizzare, una nuova legge per il settore audiovisivo e il varo di un centro di produzione che formi giovani cronisti. Due passi fondamentali per facilitare il processo democratico in vista delle prime elezioni libere.

A Tunisi i carri armati monitorano ancora i viali principali della città, le banche, i palazzi ministeriali, ma l’atmosfera è frizzante: una leggera euforia magnifica le imprese compiute ma soprattutto un futuro tutto da realizzare.

Anteprima dell'articolo pubblicato sullo speciale 1°maggio 2011 di Rassegna Sindacale - Diamo un senso al futuro. Supplemento al numero 16/2011.

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La radio si sente bene


da step1.it

Nuove formule editoriali dall’all news all'infotainment, dimostrano la vitalità di un mezzo antico ma sempre giovane. Al festival di Perugia si è provato a tracciare un quadro dell'attuale situazione.

Spesso si pensa che la radio sia uno strumento secondario nel panorama dei media d'oggi. Si crede che la “scatola parlante” sia in difficoltà per la vecchia concorrenza della televisione e quella nuova dei media digitali. La realtà è ben diversa: la radio non è in crisi, al contrario è molto seguita. A dimostrarlo sono i dati sugli ascolti, ma anche la grande partecipazione del pubblico all'incontro, proposto nella penultima giornata del festival internazionale del giornalismo, La radio, la mamma di tutte le“all news”. Paolo Poggi, del giornale Radio Rai, ha condotto un dibattito che assomigliava molto ad una trasmissione radio con veloci interventi, filmati e file audio. Al tavolo con lui Antonio Preziosi, direttore di Radio Uno e dei giornali Radio Rai, Giuseppe Cruciani di Radio 24, Gabriele Fontana di Radio Svizzera, e David Willey della Bbc.

«La radio è uno strumento moderno, è vecchia solo anagraficamente. La radio è viva e non teme la concorrenza della televisione e di Internet», afferma deciso un sempre sorridente Preziosi. «Al momento è più libera e varia della televisione perché non ha il “problema Berlusconi» , gli fa eco Cruciani.

Le prime battute dell'incontro delineano un quadro positivo, gli ascolti vanno molto bene, gli investimenti pubblicitari non mancano e il Web si è rivelato un alleato importante. «Grazie alla Rete ho la possibilità di ascoltare tutte le radio del mondo, anche quelle provinciali. Ho a disposizione un ricchissimo serbatoio di trasmissioni che ascolto attraverso una “Internet radio, uno strumento che assomiglia a una radio ma che in realtà è un computer. Questa mi permette di ascoltare tutte le stazioni che trasmettono online come se fossero radio tradizionali», racconta David Willey.

La radio si dimostra competitiva anche nel campo del giornalismo e diventa il mezzo preferito per l'informazione grazie agli aggiornamenti continui delle radio all news come Radio Rai 1 e Radio 24. «Il sistema all news è stato introdotto 50 anni fa in Italia dalla trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”. È stato il primo esperimento di informazione continua e senza pause», dice Preziosi. «Le radio all news funzionano, basta capire come impostarle. Noi consideriamo lo sport e l'infotainment strategici perché alleggeriscono il palinsesto e ci permettono di arrivare a target più giovani», conclude il direttore.

La Rai negli anni ha cercato di proporre nuovi modi di fare informazione. Spesso preferisce usare i suoni piuttosto che le parole per raccontare fatti e storie, sfruttando il loro potere evocativo. In sala viene trasmesso un audio di un minuto senza dire a quale evento si riferisca. I suoni delle ambulanze, delle ruspe e dei cani riportano tutti a L'Aquila durante il terremoto, dimostrando come spesso non servano le parole per fissare le immagini. In questo campo i giornalisti lavorano fianco a fianco con i tecnici ai quali si deve riconoscere un ruolo fondamentale. «Quindici minuti di radio costruiti attraverso i suoni costano tantissimo. Spesso, solo il servizio pubblico può fare informazione in questo modo perché è l'unico a potersi permettere di investire certe cifre, per le radio private è più difficile», precisa Cruciani.

L'ultima parte dell'incontro è dominato dalle tante domande e considerazioni del pubblico. La Rai viene bacchettata da uno studente africano perché non ha informato sulla Coppa d'Africa. Un altro sottolinea che, al contrario della televisione, le trasmissioni con dibattiti non finiscono mai in rissa. Infine un signore fa notare come nella società dell'apparenza la radio possa avere un ruolo educativo: «in radio non bisogna per forza esser belli, anche i brutti possono trasmettere».
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Si chiama voce della libertà la radio italiana in Afghanistan


da ilsole24ore.it

Si chiama "La voce della Libertà nell'Ovest" ed è stata inaugurata ad Herat il 20 aprile dal sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto e dal capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini. È la radio gestita dal contingente militare italiano che diffonderà in tutto l'ovest afghano trasmissioni rivolte alla popolazione locale contenenti informazioni di pubblica utilità e soprattutto tanta "promozione" delle attività dei contingenti alleati e in particolar modo italiano.


Radio Sadi e Azadi West è l'ultimo strumento messo a punto dagli alleati per conquistare "i cuori e le menti" degli afghani e per aumentarne la diffusione già favorita dalla presenza di un buon numero di radio soprattutto nei centri urbani, i militari italiani distribuiranno migliaio di piccole radio portatili funzionanti con accorrente elettrica, a batteria e a energia solare allo scopo di ovviare all'assenza di energia elettrica in molti centri delle campagne afghane.
L'iniziativa, da mesi in fase di messa a punto al Regonal Command West della Nato a Herat ha preso il via ufficialmente con l'arrivo della brigata alpina Taurinense guidata dal generale Claudio Berto, un veterano dell'Afghanistan che nel 2003 guidò il 9° reggimento alpini a Khost, lungo il conine pachistano, nell'ambito dell'Operazione Nibbio /Enduring Freedom . 

All'inaugurazione dell'emittente Crosetto ha registrato un messaggio tradotto in dari e pashto e poi trasmesso dalla radio: ''la programmazione esprimerà una costante attenzione alle vostre fiere tradizioni e alla vostra prestigiosa cultura, ma senza tralasciare le concrete necessità della vostra vita quotidiana", ha detto il sottosegretario che dai microfoni di Sada e Azadi West ha definito la nuova emittente "una nuova voce che aumenterà lo spazio della partecipazione consapevole alla vita democratica di questo Paese". 

Benché costituisca il segmento posto a copertura della regione occidentale del network radiofonico "La voce della libertà" della Nato in Afghanistan, la radio è stata realizzata con fondi italiani ed è diretta dal maggiore Renato Rocchetti del  28° Reggimento "Pavia", unità dell'esercito che si occupa di Operazioni Psicologiche (Psy Ops), cioè quelle operazioni tese a influenzare l'opinione pubblica afghana. In realtà l'ormai diffusa ossessione per il linguaggio politicamente corretto ha fatto si che quello italiano sia l'unico esercito del mondo a disporre di un reparto Psy Ops ufficialmente definito di "Comunicazioni operative", termine privo di significato che sembrerebbe richiamare i reggimenti trasmissioni che si occupano di radio e sistemi satellitari.

I militari del 28° reggimento sono invece professionisti della comunicazione già distintisi in Iraq e nella missione dell'Onu nel sud del Libano. In Afghanistan sono spesso tra la gente, visitano anche i centri più isolatri e incontrano i leader locali diffondendo prodotti (depliants, volantini, video e da oggi anche servizi radiofonici) tesi a e a far conoscere in termini positivi il lavoro delle forze alleate nel campo della sicurezza, della ricostruzione e del supporto alle forze afghane. Non sfugge il paradosso che quello che in Patria è definito reggimento "Comunicazioni operative Pavia", in Afghanistan (dove opera in ambito Nato) abbia costituito il  Regional Psyops Support Element (RPSE) che impiega anche personale alleato.

Il palinsesto, interamente in lingua dari e pashto, comprenderà programmi musicali, intrattenimento e informazioni con l'obiettivo di far giungere anche nelle zone più isolate dove le istituzioni afgan non arrivano e le forze alleate sono una presenza sporadica, una voce che costituisca un'alternativa credibile alla propaganda talebana, che pur senza disporre di emittenti radiofoniche giunge spesso in modo diretto e capillare nelle aree rurali. I militari italiani sono già stati protagonisti nella realizzazione di radio militari nelle aree di operazioni. Nel 1993 il contingente italiano in Somalia istituì  Radio Ibis che riusciva a coprire solo Mogadiscio e dintorni mentre dal 1999 venne realizzate a Pec, in Kosovo occidentale, l'emittente radiofonica Radio West
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Mogadiscio: l'ultima Radio libera

da millecanali.it

È stato il New York Times a ricordare a tutti l'esistenza di questo centinaio di giornalisti coraggiosi in una terra vittima di guerre civili, rappresaglie e disordini politici che durano ormai da decenni. Hanno sposato la loro professione e per farla rischiano la vita ogni giorno (solo in Somalia i giornalisti uccisi nel 2007 sono stati più di venti).
Solo poche settimane fa gli Shabaab (il braccio armato di Al Qaida in Somalia) hanno preso il controllo delle stazioni radiofoniche nelle città che presidiano ('spegnendo' anche la Bbc), come le due sud-occidentali di Chisimaio e Baydhaba. «Un giro di vite per la libertà di espressione e di stampa», riferisce Omar Faruk Osman, segretario generale dell'Unione nazionale dei giornalisti somali, che denuncia anche il rapimento di almeno sei giornalisti solo negli ultimi giorni.
Ecco in che ambiente lavora Radio Mogadiscio. Dall'edifico in centro città, con le antenne alte trenta metri e con i mezzi appena indispensabili per fare una Radio, i 100 dipendenti circa dell'ultima emittente libera di Mogadiscio lavorano in uno stato di geurra, conducendo una vita blindata. A proteggerli un plotone di soldati ugandesi della missione di pace dell'African Union; per letto alcuni materassini spessi pochi centimetri di gommapiuma all'interno della Radio.
Radio Mogadiscio è l'ultima voce libera e trasmette tra piastre vecchie e altoparlanti rotti con i cavi che escono. Ma gli scaffali di oltre tre metri pieni di registrazioni ordinatamente etichettate lasciano un po' di speranza. In onda ci sono vecchi discorsi, canti popolari, canzoni patriottiche, interviste con nomadi: chilometri e chilometri di storia e cultura somala sottratti alla distruzione dei fondamentalisti.
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Enzo è tornato.
da Ansa

A distanza di sei anni dal sequestro e dall'uccisione di Enzo Baldoni a Latifia, in Iraq, sono rientrati in Italia i resti del giornalista free lance assassinato dagli uomini di Al Qaida nell'agosto del 2004. La conferma è arrivata dal Ris dei carabinieri che ha riscontrato un esito positivo dalla comparazione del Dna estratto dagli ultimi resti, quelli arrivati poco più di due settimane fa dall'Iraq. Si chiude così definitivamente una vicenda su cui si era speso anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che in più di un'occasione aveva rinnovato l'appello affinchè si facesse di tutto per riconsegnare il corpo alla famiglia. Il primo frammento osseo di Enzo Baldoni, arrivò in Italia ad agosto del 2005 portato dall'allora commissario della Croce Rossa Maurizio Scelli: due mesi prima proprio a Scelli erano stati consegnati altri resti, ma i test di laboratorio esclusero la compatibilità del codice genetico estratto dai reperti umani con quello del padre del giornalista ucciso.

Nel corso degli anni successivi, dall'Iraq sono arrivati altri frammenti del corpo e anche in questo caso, in più di un'occasione, si è trattato però di reperti non compatibili con il Dna di Baldoni. Poi, all'inizio di aprile, la svolta grazie all'impegno del Ros e degli uomini dell'Aise che hanno individuato il canale giusto per farsi consegnare quel che restava del giornalista. Così, due settimane fa, sono arrivati in Italia parte del cranio, del bacino e degli arti, su cui sono stati eseguiti gli esami, che hanno dato esito positivo. Ma l'attività del Ros non si è limitata alla ricerca dei resti: gli investigatori, coordinati dalla Procura di Roma, sono infatti riusciti a risalire con ragionevole certezza agli assassini di Baldoni. E l'indagine ha confermato quanto già accertato nelle fasi immediatamente successive all'omicidio: il giornalista fu rapito e ucciso dagli uomini dell' 'Esercito islamico in Iraq', un gruppo che operava nella zona di Falluja legato e finanziato da Abu Musab Al Zarqawi, all'epoca del sequestro responsabile di Al Qaida in Iraq, ucciso il 7 giugno del 2006 dai militari americani.

«L'attività di indagine, pur in un contesto operativo e di collaborazione internazionale estremamente complesso - sottolinea la procura di Roma - oltre alla ricostruzione del fatto delittuoso, ha permesso di ipotizzare la responsabilità di alcuni membri del gruppo terroristico che materialmente avevano partecipato al sequestro e al successivo omicidio di Baldoni».

Baldoni scomparve in Iraq il 20 agosto del 2004: quattro giorni dopo Al Jazeera trasmise un video con le immagini del giornalista in cui l'Esercito islamico dava un ultimatum di 48 all'Italia per lasciare l'Iraq. Due giorni Baldoni venne ucciso e l'immagine del suo volto ormai privo di vita viene pubblicata su un sito riconducibile all'Esercito Islamico. La consegna del corpo ai familiari, sei anni dopo, sarà «un grande sollievo» per la famiglia di Baldoni sottolinea Alfredo Virgili, l'ex sindaco di Preci, il paese umbro dove vive il padre e uno dei fratelli del giornalista. La famiglia ha vissuto «con grandissimo dolore gli anni passati, senza avere un luogo dove poter dire una preghiera. Il padre di Enzo Baldoni fino a oggi considerava sospesa la vicenda del figlio ed ora è importante per lui sapere che il corpo è tornato». (ANSA).
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A Copenhagen si discute di digitalizzazione dell'FM

da Radiopassioni

Si è chiusa a Copenhagen, in Danimarca, la decima riunione del gruppo FM PT45 dello European Communications Office, che si occupa di radio digitale e di digitalizzazione della radio analogica.
In attesa di leggere la relazione finale ho provveduto a confezionare un file zippato con dentro i documenti che ho prelevato dal sito dell'ERO. Ci sono molte relazioni interessanti, in particolare sulla banda FM numerica (una prospettiva che in Europa si sta declinando sugli incerti potenziali del sistema ETSI DRM+). Su questo ultimo argomento ci sono anche i risultati di una consultazione pubblica molto interessante da leggere (uno zip di questo specifico
gruppo di documenti lo trovate qui).

Mi rendo conto che la questione meriterebbe un post molto più articolato e che per il momento vi sto mettendo a disposizione solo un mucchio di file alla rinfusa, ma intanto cominciate a scaricare il materiale che trovate qui:

Per quel che riguarda la digitalizzazione delle onde medie e lunghe
 è stato pubblicato il report 117, risalente alla riunione delle gruppo PT45 ad Atene nel 2008. Appena avrò notizie del verbale di quello che è successo in questi due giorni a Copenhagen cercherò di analizzare meglio le prospettive europee di evoluzione delle frequenze - oggi analogiche - comprese tra 88 e 108 MHz.
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I tagli del governo minacciano la libertà d'informazione


da Radio Popolare Roma | Newsletter

Ci sono diversi modi per uccidere la libertà d’informare e di comunicare. L’ultimo escogitato dal governo Berlusconi colpisce l’economia delle radio e delle televisioni locali, con l’effetto di limitarne le possibilità giornalistiche.

Il decreto milleproroghe – come saprete – ha trovato i soldi per salvare i bilanci di giornali di partito e grandi gruppi editoriali, testate storiche e fogli senza storia, ma soprattutto cooperative fasulle di giornalisti e radio di partito. Il governo ha recuperato quei finanziamenti non colpendo i furbetti o risolvendo ingiustizie, ma togliendo i rimborsi che da anni le radio e le televisioni locali ottenevano per coprire parzialmente le spese di elettricità, telefoni, satellite e agenzie. Il risultato sarà – facile prevederlo – ulteriori tagli al personale o la riduzione della capacità di fare informazione.

Noi di Popolare Network, un consorzio di una ventina di radio, da anni abbiamo scelto proprio di investire sull’informazione: ogni giorno 14 edizioni di giornali radio, trasmissioni di approfondimento giornalistico, rassegne stampa, dialoghi con gli ascoltatori, rotocalchi d’informazione, grandi dirette dai principali eventi politici e sociali. Un lavoro quotidiano basato sull’assoluta indipendenza da padrini e padroni: e se fosse proprio questa nostra autonomia di giudizio a dare fastidio?

Ma l’indipendenza economica – non essere sottoposti a ricatti di aziende, attraverso la pubblicità, o di enti politici, attraverso regalie – è condizione sine qua non per una reale indipendenza editoriale. I rimborsi statali alle spese, proprio perché rappresentavano un parziale ma importante aiuto economico, contribuivano a garantire la piena autonomia delle radio di Popolare Network. In Italia il mercato dell’editoria è fortemente squilibrato, con grandi gruppi voraci e conflitti d’interesse politico-economici. L’attività di centinaia di radio e televisioni locali rappresenta di per sé una forma di pluralismo reale e preziosa, apprezzata ogni giorno da milioni di persone. Le radio di Popolare Network fanno parte di questo mondo, messo a rischio da un decreto del governo Berlusconi, massimamente ingiusto perché toglie a chi ha poco per dare a chi ha molto...o perlomeno ha santi in paradiso (in questo caso santi in Parlamento).

Il nostro modello economico ha sempre fatto leva sul contributo degli ascoltatori, la nostra migliore garanzia di libertà. Lo faremo ancora, ma senza rinunciare a batterci perché venga ripristinato il diritto soggettivo ai rimborsi, perché ci sia giustizia.

Radio Popolare Milano
Radio Popolare Roma
Radio Verona Popolare
Radio Flash Torino
Radio Gold Alessandria
Radio Base Mestre
Radio Fragola Trieste
Radio Tandem Bolzano
Città del Capo – Radio Metropolitana Bologna
Radio 106 Reggio Emilia
Controradio Firenze
Radio Wave Arezzo
Contatto Radio Carrara
Radio Città Pescara
Mep Radio Rieti
Radio Popolare Salento
Radio Roccella
Radio Street Messina

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Radio Ies: dopo Ies Tv ora anche la radio di informazione e salute del Gruppo Garofalo


da l'unico

"Rispondere a un bisogno che due parole sintetizzano al meglio: informazione e salute". E' quanto si legge in una nota di Ies Tv e Radio Ies, le emittenti del Gruppo Garofalo prossime ad affrontare la nuova stagione televisivia e radiofonica della città di Roma e del Lazio.

"IES TV - prosegue il comunicato - riprenderà all’insegna di un rinnovato slancio ideativo e produttivo dopo l’incendio dello scorso anno che ha distrutto gli studi di Telesalute, già Videouno.

"Radio IES, invece al debutto assoluto, sarà una radio di servizio pubblico a disposizione del cittadino, in grado di monitorare costantemente tutto ciò che accade in città."
IES TV  passerà  "da canale analogico a ben 6 canali sul digitale terrestre, di cui uno, IES TV Viterbo, dedicato totalmente al territorio della Tuscia."
"Essere informati su tutto quanto ci aiuta ad innalzare la nostra qualità della vita non fa più parte delle curiosità accessorie, è una faccenda tremendamente seria e centrale, e per questo va trattata con un linguaggio che non scenda mai verso l’approssimazione. E’ un must che attraversa – spesso in modo troppo generico e superficiale – tutti i palinsesti della tv generalista con la presunzione che la materia faccia audience a prescindere.

"Per questo motivo la comunicazione punterà ad una distinzione nel mare magnum del settore attraverso  una connotazione forte della sua identità, basata sui cardini del rigore e della serietà.
"Quando, riferendosi ad una notizia in campo medico, ad un consiglio sull’alimentazione, ad una qualsiasi pratica salutista, informazione sociale politica e sportiva - si legge in conclusione - l’ascoltatore sarà portato a dire istintivamente  “Lo ha detto IES TV !” o “L’ho sentito a RADIO IES!” e quello per noi sarà un grande giorno."

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Buon Compleanno Radio L'Aquila 1


da ilcapoluogo.it

6 aprile 2009, ore 3.32: L’Aquila viene distrutta da un devastante terremoto come non se ne erano mai sentiti fino allora. Anche Radio L’Aquila 1 come tante altre attività del centro storico subisce ingenti danni: quasi si pensava che potesse essere giunta la fine della Radio.
Due giorni dopo del sisma fummo contattati dall’Ufficio Stampa del Comune dell’Aquila e dalla Protezione Civile Nazionale che ci chiesero di fare informazione di servizio per i terremotati. Immediatamente e con l’aiuto di nostri colleghi sparsi in tutta Italia ci siamo attivati per mettere su un minimo di regia.

16 aprile 2009: dopo solo dieci giorni dal terribile sisma, l’emittente “Radio L’Aquila 1” ricominciava ad irradiare il proprio segnale. In una sistemazione di fortuna presso l’allora COM 1, all’interno di un locale cucina di una scuola materna del capoluogo condiviso con altre persone che provvedevano a raccogliere dati della popolazione aquilana fuggita dalle proprie case, gli spyker di RL1 hanno ricominciato a dar voce alla Radio degli aquilani. “L’Aquila c’è… e si sente!” è lo slogan creato per dare un segnale di rinascita della nostra radio e della nostra città.

16 aprile 2010: è già passato un anno! Facendo un minimo di riflessione su quello che è successo in questi 365 giorni ci sembra di aver lavorato da un’eternità. In questo anno siamo stati vicini a tantissimi sfollati, abbiamo dato le informazioni più impensate, abbiamo intervistato personaggi di ogni genere, abbiamo raccolto le lamentele di tanti nostri concittadini, siamo stati di pungolo ai nostri amministratori e, cosa da non trascurare, siamo stati sempre presenti. Tutti gli amministratori ed uomini di Governo si sono succeduti ai nostri microfoni o sono stati raggiunti telefonicamente per trattare argomenti il più delle volte molto scottanti.

Tutto sommato questo primo “compleanno” trascorso nella precarietà, ci ha ancor più fortificati e ci ha fatto acquisire una notevole esperienza, mai prima d’ora fatta, ma che sicuramente ci permetterà di continuare il nostro lavoro di organo di informazione e di intrattenimento sempre più vicini alla gente. E questo ci gratifica enormemente. Grazie a quanti hanno collaborato, in vari modi, al raggiungimento di questo risultato che per noi, ora, è solo l’inizio.
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Somalia: integralisti spengono le radio


da rockol.it
Gli insorti appartenenti a Hizbul Islam, falange rivoluzionaria contrapposta al governo di Mogadisco, ha imposto alla radio somale di interrompere le trasmissioni musicali: la direttiva, che ricorda quella impartita dal regime talebano alle radio afgane qualche tempo fa, è stata diramata dieci giorni fa, e - attualmente - è osservata dalla maggior parte delle emittenti del Paese africano, fatta eccezione per un paio di radio nella capitale.
Al momento, le uniche stazioni che trasmettono musica in Somalia sono quelle kenyote che abbiano un ripetitore FM a Mogadiscio, oltre a quelle controllate dal governo e dalle Nazioni Unite.
Nonostante la musica pop (anche occidentale) siamo molto popolare in Somalia, i ribelli hanno intimato lo stop alla messa in onda giudicando le canzoni "anti-islamiche". Solo sette giorni fa al-Shabab, altra falange ostile al governo centrale, aveva chiuso cinque ripetitori della BBC nel sud del Paese.

Most radio stations in Somalia have stopped playing music, on the orders of Islamist Hizbul-Islam insurgents who say that songs are un-Islamic.
The stations said they had to comply with the ban as if they did not, they would be putting their lives at risk. The BBC correspondent in Somalia says this latest order has strong echoes of the Taliban in Afghanistan.
In the past, militants in some areas have banned watching films and football and made men's beards compulsory.
Somalia has not had a functioning central government since 1991 and the Islamist militants control large parts of its territory. The transitional government - backed by African Union troops and UN funds - controls only a small part of the capital, Mogadishu.

'Losing listeners'
The BBC's Mohammed Olad Hassan in Mogadishu says the order to stop playing music and jingles was issued 10 days ago. All but two of the city's 15 radio stations used to broadcast music.
Residents can now only hear music from the government-controlled radio station and another Kenya-based UN-funded radio station, which has a FM transmitter in Mogadishu, he says. "We are using other sounds such as gunfire, the noise of the vehicles and birds to link up our programmes and news," said Abdulahi Yasin Jama, Tusmo radio's head of the programmes.
Another radio controller said he feared they would lose listeners and advertisers.
Pop music is genuinely popular in Mogadishu and many people resent being told what they can hear on the radio, our reporter says. Last week, al-Shabab, the country's other big militant group, closed down BBC radio relay stations in five cities in southern Somalia, including Mogadishu.
(da BBC)
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Radio Antenna Democratica

da http://musicaememoria.altervista.org

Una bella testimonianza radiofonica degli anni Settanta.
Uno dei cento o mille fiori, una delle decine di esperienze politiche e sociali tra quelle che hanno visto la radio protagonista. In questo caso Radio Antenna Democratica, nel cuore del tessuto urbano del Tuscolano, a Roma.
In queste pagine documenti programmatici, playlist e palinsesti. Un sito da non perdere per feticisti e appassionati.

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MEDIACOOP: IL GOVERNO RIDIA LE RISORSE A RADIO LOCALI E GIORNALI ESTERI

da asca.it

(ASCA) - Roma, 2 apr - ''Il Ministro Scajola provveda a definire le risorse a sostegno delle radio e delle TV locali previste dal decreto legge 40 del 25 marzo, in modo da risarcire i tagli operati inopinatamente con il decreto Milleproroghe e riconoscendo, in tal modo, la qualita' e il ruolo dell'informazione locale che esse garantiscono''.

Ad avanzare la richiesta e' Mediacoop, Associazione delle Cooperative Editoriali e della Comunicazione, che ricorda come il Governo sia stato ''piu' volte impegnato dal Parlamento a reintegrare i contributi per l'emittenza locale, per i giornali editi e diffusi all'estero e per quelli editi dalle associazioni di consumatori''.

Mediacoop ricorda che si sono espressi, in tal senso, 360 deputati con un ordine del giorno, il Senato con l'approvazione di un ordine del giorno votato praticamente all'unanimita' e la Commissione Cultura della Camera con un parere bipartisan.

''Lo stesso DL del 25/3/2010, n* 40, prevede all'articolo 4, lettera C, comma 5, un intervento a favore delle radio e delle televisioni locali, anche se non dettagliatamente specificato nell'ammontare''.

Mediacoop sottolinea, inoltre, la necessita' di ''cancellare anche l'ingiusta, e per certi versi incomprensibile, discriminazione operata ai danni dei giornali editi e diffusi all'estero ed a quelli dei consumatori, per i quali e' stato ridotto del 50% il contributo. Per i giornali editi all'estero, si tratta di un impegno economico molto modesto, 5 milioni di Euro, a fronte del ruolo da essi svolto: rappresentano l'unico vero legame culturale ed informativo con i connazionali all'estero e contribuiscono all'affermazione dei valori culturali, sociali ed economici del nostro paese.

Ancora minore, appena 300.000 Euro, e', infine, il fabbisogno necessario per risarcire i giornali dei consumatori che svolgono un'importante funzione di controllo e di lotta alle mistificazioni alimentari e alle distorsioni commerciali fraudolenti''.
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Mobilitazione per libertà d'informazione

comunicato stampa

C’è chi, come Gianfranco Miccichè, minaccia i cronisti (il collega Francesco Viviano de La Repubblica). C’è chi, come Augusto Minzolini,  rimuove un caporedattore centrale (Massimo De Strobel)  e tre conduttori del Tg1 (Paolo Di Giannantonio, Piero Damosso e Tiziana Ferrario) per “militarizzare” la testata. C’è chi licenzia un giornalista in spregio alla legge e agli accordi sindacali, è successo a Il Giorno. Ci sono decine di giornalisti minacciati ogni giorno dalla criminalità. Si penalizzano economicamente i collaboratori rendendoli ancor più precari e ricattabili di quanto siano. C’è, infine, chi si prepara a fare le cose in grande stile, ovvero il ministro di Grazia e Giustizia Angelino Alfano, che accelera sul “Ddl intercettazioni” per mettere il definitivo bavaglio alla libertà di informazione.
L’elenco è parziale, ma sufficiente a dimostrare che in Italia è in atto un attacco senza precedenti al diritto dei cittadini a essere correttamente informati. Non è cosa alla quale si possa rispondere con un comunicato. Non è argomento che dipenda da questa o quella maggioranza politica. Ci vuole un altro “3 ottobre”, occorre unire le forze politiche e sociali, i cittadini, le associazioni, di qualsiasi schieramento, che abbiano a cuore la democrazia. E’ il momento di un’assunzione di responsabilità di tutti gli organismi della categoria che devono parlare ai cittadini, loro unico editore di riferimento.
In tutto questo è incomprensibile l’atteggiamento del vertice nazionale dell’Ordine dei Giornalisti che, forse distratto dalle imminenti elezioni e dai giochini di potere di questo o quel capo corrente, non si accorge di ciò che sta accadendo. Il rischio è che chiunque sia eletto governi una professione privata del suo fondamento vitale: la libertà.
La sola Fnsi e alcune Associazioni regionali, sembrano aver compreso l’importanza della posta in gioco. Per questo, come segretario dell’Associazione Stampa Romana,  chiedo al presidente Roberto Natale di convocare un Consiglio nazionale straordinario, al segretario generale Franco Siddi di organizzare una sessione straordinaria della Consulta Nazionale dei Cdr e dei Fiduciari che abbiano al centro il tema della difesa della libertà di informazione e le iniziative che i giornalisti italiani vogliono intraprendere. Chiedo al segretario generale di investire della questione, come già ha fatto in passato, anche gli organismi europei dei giornalisti. Occorre organizzare una resistenza democratica, pacifica ma ferma, mettere in conto una disobbedienza civile, in nome dei valori dell’articolo 21 della Costituzione.
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