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Bengasi, è nata "Radio Libia libera"
LIBIA

Quando Bengasi è caduta in mano all’opposizione, Saleh Zayani, il tecnico del suono che per 20 anni ha mandato in onda i comunicati del regime di Gheddafi, ha preso 2 mixer e un microfono ed è partito per la sede della sua emittente radiofonica, da dove trasmette ininterrottamente con un’équipe di 20 persone.
“Questa è la Libia libera e Tripoli è la nostra capitale”, ha proclamato Zayani alle 2 del pomeriggio del 21 febbraio. “Quando ho visto il sangue della mia gente – racconta – sono uscito allo scoperto. Ora mi sento libero”. (televideo.rai.it)

Si chiama "Voce della Libia Libera" ed è la prima radio libica indipendente a trasmettere dal territorio libico da 42 anni a questa parte, come riporta il sito del quotidiano statunitense Christian Science Monitor.
L'emittente è stata organizzata da Khaled Ali, ex conduttore della radio di Stato libica che l'hanno scorso aveva rischiato la condanna a morte per aver permesso a degli ascoltatori di intervenire in diretta criticando il rais. Per i residenti di Bengasi la radio rappresenta l'unica possibilità di essere informati su che cosa stia succedendo nel resto del Paese: lo staff dell'emittente per ora ricorre ai propri risparmi per i necessari finanziamenti.
"Voce della Libia Libera" (che dal 19 febbraio trasmette su tre frequenze prima occupate dal governo) copre non solo la zona di Bengasi ma a volte riesce ad essere ascoltata anche a Tripoli. Proprio dalla stazione di Bengasi Gheddafi trasmise il suo primo messaggio dopo la rivoluzione del 1969 che lo portò al potere: la sede della radio è stata però distrutta insieme alla maggior parte dell'equipaggiamento nei disordini dei giorni scorsi. (TMNews)
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Elettrosmog: Radio Vaticana risarcirà le vittime, ma il danno ambientale cade in prescrizione
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Il reato ambientale provocato nel comune romano di Cesano da Radio Vaticana è andato in prescrizione e – sebbene sia previsto almeno un risarcimento per le famiglie - i tanti bambini morti di cancro per l’eccesso di onde elettromagnetiche nella zona sono destinati all’impunità. Nessuna pena quindi per i responsabili di Radio Vaticana, e in particolare per il Cardinale Roberto Tucci.

La quarta sessione penale della Cassazione ha confermato la sentenza emessa dalla Corte d'appello di Roma il 14 ottobre del 2009, in cui si stabiliva la prescrizione della condanna (a 10 giorni) per il Cardinale Roberto Tucci e il diritto al risarcimento per le vittime.  
E se in primo grado tutti i vertici di Radio Vaticana erano stati condannati, al primo appello sono stati tutti assolti, perché il reato non era previsto dalla nostra legislazione.

Poi si è giunti in Cassazione, dove l'avvocato del Cardinale Tucci aveva chiesto la piena assoluzione e, in subordine, la conferma della prescrizione pronunciata in nella stessa sede. Per le famiglie, invece è stato stabilito un risarcimento.

Da anni, i cittadini di Cesano e dintorni lottano contro gli impianti di Radio Vaticana affinché la normativa italiana in materia di elettrosmog colmi il vuoto legislativo e stabilisca l’inidoneità delle antenne vaticane, che hanno già provocato decine e decine di morti premature per leucemia.

Ma a questo punto, resterà da stabilire solo l’entità del risarcimento. Secondo l'avvocato Carlo Rienzi, presidente del Codacons che in Cassazione ha patrocinato la posizione degli abitanti danneggiati “È una grande vittoria: finalmente giustizia è fatta e gli abitanti di Cesano potranno ottenere i giusti risarcimenti". Non è molto, ma è già qualcosa.
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Gli 80 anni di Radio Vaticana
Oggi, 12 febbraio, è l'anniversario della Radio del Vaticano. "Il giro del mondo in ottant'anni" è lo slogan per le celebrazioni dell'80° anniversario della Radio Vaticana, iniziate ieri pomeriggio con l'inaugurazione di una mostra ai Musei Vaticani. Nelle mani dei padri gesuiti fin dalle origini, l'emittente fu inaugurata il 12 febbraio di ottant'anni fa da Pio XI, che pronunciò uno storico discorso in latino ai microfoni dell'emittente.

Voce della Chiesa universale, l'emittente pontificia ha dedicato ai lavori del concilio ecumenico Vaticano II oltre 3.000 ore di trasmissione in 30 lingue. E quando con Paolo VI venne inaugurata la stagione dei grandi viaggi internazionali, la 'Radio Vaticana' è divenuta itinerante insieme al Pontefice, allargando ulteriormente i propri orizzonti. Oggi l'emittente trasmette anche via satellite e internet programmi in 45 lingue, 38 delle quali online sul sito web; vi lavorano 355 dipendenti, in maggioranza laici, di 59 nazionalità diverse; oltre 66 ore di trasmissione quotidiane, per un totale di 24.117 ore annuali.

Ci auguriamo seriamente che questo anniversario possa essere da stimolo per risolvere la questione legata all'inquinamento elettromagnetico degli impianti vaticani di Cesano ed Anguillara (RM), per cui rimane aperto un processo ai danni dell'emittente. 

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Così i politici «lottizzeranno» anche i palinsesti
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Invece di fare il fatidico passo indietro, come richiesto da più parti, la politica si appresta ancora una volta a fare un passo avanti per il completo controllo della Rai. Ai partiti non basta nominare il Cda, indicare il direttore generale e i direttori di rete, entrare nel merito della scelta di uomini e programmi; no, bisogna fare di più, qualcosa che assomiglia molto a una censura preventiva.

L'onorevole Alessio Butti del Pdl ha redatto un testo per la commissione di Vigilanza che, se venisse approvato,cambierebbe il volto della nostra tv pubblica. L'idea di fondo è questa: la commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (l'organo che vigila sulla spartizione del bottino) diventa, di fatto, un politburo che dà indicazioni sulla compilazione dei palinsesti, sulla fattura dei programmi, sui modi e sui tempi con cui devono andare in onda. Non solo: il direttore generale viene elevato a direttore editoriale di tutta la Rai esautorando completamente i direttori di rete, retrocessi a semplici passacarte.
Non contenta, la commissione mette il becco anche nei generi. Per esempio, nel nome di quella ridicola pratica del contraddittorio (ridicola per come dovrebbe essere sistematicamente attuata), non ci sarà più spazio per programmi come «Report», «Annozero», «Parla con me» e tanti altri. L'obiettivo sembra chiaro: spazzare via tutti i programmi considerati ostili all'attuale maggioranza. Il linguaggio con cui è redatto il testo, come tutti i testi vagamente totalitari, è sinistramente grottesco: «Tutti i partiti devono trovare, in proporzione al proprio consenso, opportuni spazi nelle trasmissioni di approfondimento giornalistico», «il servizio pubblico deve rappresentare il Paese reale, non le élites culturali né i cosiddetti poteri forti», «la Rai studi e sperimenti format di approfondimento giornalistico innovativi che prevedano anche la presenza in studio di due conduttori di diversa estrazione culturale», «per garantire l'originalità dei palinsesti è opportuno, in linea generale, che i temi prevalenti trattati da un programma non costituiscano oggetto di approfondimento di altri programmi, anche di altre reti, almeno nell'arco degli otto giorni successivi alla loro messa in onda».
Manca solo la lunghezza delle gonne per le annunciatrici e il colore della tinta dei capelli per gli speaker e poi c'è tutto: i dirigenti Rai possono anche andarsene a casa. Quello che maggiormente offende non è la logica spartitoria - il fondo stupido e cieco della politica - ma che queste direttive vengano proposte in assenza di una qualsiasi ridefinizione del ruolo del servizio pubblico. L'equivoco di fondo (alimentato purtroppo anche dalla sinistra) è che il servizio pubblico esiste in quanto garanzia del pluralismo, il volto nobile della lottizzazione. È proprio in nome del pluralismo che ogni partito ha reclamato e continua a reclamare la sua quota di Rai, i suoi uomini, i suoi «lotti». 

Senza enfasi retoriche, senza esibizioni di «schienadrittismo», ma la battaglia da fare non è quella per il pluralismo e il contraddittorio ma per un'indipendenza strutturale della Rai. Bisogna lottare perché il servizio pubblico sia tutelato dalla competenza dei dirigenti e da una governance scelta per autorevolezza e capacità professionale. E per l'abolizione della commissione di Vigilanza. 
Aldo Grasso
Invece di fare il fatidico passo indietro, come richiesto da più parti, la politica si appresta ancora una volta a fare un passo avanti per il completo controllo della Rai. Ai partiti non basta nominare il Cda, indicare il direttore generale e i direttori di rete, entrare nel merito della scelta di uomini e programmi; no, bisogna fare di più, qualcosa che assomiglia molto a una censura preventiva.

L'onorevole Alessio Butti del Pdl ha redatto un testo per la commissione di Vigilanza che, se venisse approvato,cambierebbe il volto della nostra tv pubblica. L'idea di fondo è questa: la commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (l'organo che vigila sulla spartizione del bottino) diventa, di fatto, un politburo che dà indicazioni sulla compilazione dei palinsesti, sulla fattura dei programmi, sui modi e sui tempi con cui devono andare in onda. Non solo: il direttore generale viene elevato a direttore editoriale di tutta la Rai esautorando completamente i direttori di rete, retrocessi a semplici passacarte.
Non contenta, la commissione mette il becco anche nei generi. Per esempio, nel nome di quella ridicola pratica del contraddittorio (ridicola per come dovrebbe essere sistematicamente attuata), non ci sarà più spazio per programmi come «Report», «Annozero», «Parla con me» e tanti altri. L'obiettivo sembra chiaro: spazzare via tutti i programmi considerati ostili all'attuale maggioranza. Il linguaggio con cui è redatto il testo, come tutti i testi vagamente totalitari, è sinistramente grottesco: «Tutti i partiti devono trovare, in proporzione al proprio consenso, opportuni spazi nelle trasmissioni di approfondimento giornalistico», «il servizio pubblico deve rappresentare il Paese reale, non le élites culturali né i cosiddetti poteri forti», «la Rai studi e sperimenti format di approfondimento giornalistico innovativi che prevedano anche la presenza in studio di due conduttori di diversa estrazione culturale», «per garantire l'originalità dei palinsesti è opportuno, in linea generale, che i temi prevalenti trattati da un programma non costituiscano oggetto di approfondimento di altri programmi, anche di altre reti, almeno nell'arco degli otto giorni successivi alla loro messa in onda».
Manca solo la lunghezza delle gonne per le annunciatrici e il colore della tinta dei capelli per gli speaker e poi c'è tutto: i dirigenti Rai possono anche andarsene a casa. Quello che maggiormente offende non è la logica spartitoria - il fondo stupido e cieco della politica - ma che queste direttive vengano proposte in assenza di una qualsiasi ridefinizione del ruolo del servizio pubblico. L'equivoco di fondo (alimentato purtroppo anche dalla sinistra) è che il servizio pubblico esiste in quanto garanzia del pluralismo, il volto nobile della lottizzazione. È proprio in nome del pluralismo che ogni partito ha reclamato e continua a reclamare la sua quota di Rai, i suoi uomini, i suoi «lotti». 

Senza enfasi retoriche, senza esibizioni di «schienadrittismo», ma la battaglia da fare non è quella per il pluralismo e il contraddittorio ma per un'indipendenza strutturale della Rai. Bisogna lottare perché il servizio pubblico sia tutelato dalla competenza dei dirigenti e da una governance scelta per autorevolezza e capacità professionale. E per l'abolizione della commissione di Vigilanza. 

Aldo Grasso


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Radio Cina Internazionale sbarca a Milano in FM!
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Recita un vecchio proverbio cinese: Senza fatica non si mangia neppure un granellino di riso. Sicuramente nessuno potrà negare che il popolo del paese più “affollato” del mondo non sia laborioso, la Cina non si è di certo fermata a qualche ristorante o a qualche ingrosso di abbigliamento, anzi. Il progetto cinese si profila ben più ambizioso visto che Pechino ha deciso di invadere l’etere sbarcando in Italia con una propria radio.

In occasione del Capodanno cinese, che verrà festeggiato oggi (3 febbraio), Radio Cina Internazionale farà il proprio esordio in Italia in FM. La prima città che accoglierà l’emittente asiatica sarà Milano, il capoluogo lombardo fungerà da laboratorio per una successiva ed eventuale espansione  di Radio Cina che andrà ad occupare la frequenza 101.5 Mhz e che trasmetterà in lingua italiana 24 ore su 24.Fino ad oggi la frequenza era occupata dal segnale di Radio Fantastica (Gruppo Radio Cuore).
A conferma della volontà di espansione cinese nel mondo dei media a Pechino è stato nel frattempo fondato il China International Broadcasting Network (CIBN), una piattaforma di comunicazione internazionale che collega la Cina con tanti altri paesi.

Radio Cina Internazionale è un network multilingue che dal 1998 utilizza più di 40 websites per tenersi in contatto con le persone di tutto il globo, un moderno canale di comunicazione che oltre alla radio include anche una televisione, riviste ed internet. Per i cinesi, quello del “Coniglio”, sarà un anno proficuo.
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Radio locali ticinesi e bernesi: poca informazione a sud delle Alpi
Il governo svizzero tiene sotto controllo le emittenti locali. 
Un monitoraggio continuo e diffuso per controllare quanta tempo dedicano all'informazione all'interno dei loro palinsesti. Se lo spazio concesso è troppo poco, il rischio è la perdita della concessione a trasmettere. Date un'occhiata...

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BIENNE - L'UFCOM ha commissionato un'analisi dei programmi di otto emittenti radiofoniche locali in Ticino - Radio Fiume Ticino e Radio 3iii - e nel canton Berna - Capital FM, Radio BE 1 (ora Energy Bern), Radio BeO, Radio Neo1 e Canal 3 in tedesco e Canal 3 in francese. Ne emerge che sono Radio BeO e Radio Canal 3 francofona a dedicare il maggior spazio all'informazione. La varietà tematica è complessivamente buona, anche se economia e cultura occupano un posto meno importante.

Nella settimana dal 12 al 18 ottobre 2009 Radio BeO ha dedicato la maggior parte del suo tempo d'antenna all'informazione (mediamente 1 ora e 25 minuti per giorno feriale). Anche il programma francofono di Radio Canal 3 ha proposto un'offerta informativa relativamente ampia (1 ora e 16 minuti), mentre Radio BE1 "ha mandato in onda solo 40 minuti" di informazioni nelle sei ore di massimo ascolto, Radio 3iii solo 36 minuti e Radio Fiume Ticino solo 32 minuti.

La concessione prescrive alle radio locali di diffondere, nelle ore di massimo ascolto, prevalentemente informazioni locali e regionali a carattere politico, economico, culturale, sociale e sportivo. Complessivamente le emittenti coprono l'intera gamma di temi, sebbene venga dato un peso diverso ai vari elementi. Sport, politica e società predominano nella maggior parte delle radio, mentre economia e cultura sono meno presenti.

Radio 3iii e Radio BeO si concentrano prevalentemente sull'attualità locale e regionale: il 66% rispettivamente il 60% dei contributi in cui viene menzionata una località si riferisce alla zona di diffusione. Presso Radio Fiume Ticino la quota ammonta al 41%, su radio BE1 al 40% e su Neo1 al 38%. Capital FM e le due Canal 3 vi dedicano circa un terzo del tempo d'antenna riservato all'informazione.
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Italia 150, Allevi dirige l'Inno di Mameli
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da ansa.it

TORINO - Gioioso e marziale, energico e positivo: è l'interpretazione che il maestro Giovanni Allevi ha fatto dell'Inno di Mameli, dirigendo l'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai.

L'inno di Mameli diretto da Allevi è stato presentato in serata a Torino al teatro Gobetti, dove fu suonato per la prima volta al chiuso nel dicembre 1847, nel corso di una 'serata omaggio' organizzata da Rai Radio 1 in collaborazione con la Fondazione Teatro Stabile in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia.

"Sono un fan del presente e faccio un inno al presente", ha detto Allevi dal palco del Gobetti rispondendo a Laura Freddi che ha sostituito Milly Carlucci (ammalata) nella conduzione della serata nella quale sono stati uniti musica, radio, sport e teatro (sono intervenuti, fra gli altri, gli attori Elio Pandolfi e il campione di pallavolo Andrea Lucchetta).

"Scegliere Giovanni Allevi per dirigere l'Orchestra della Rai nell'esecuzione dell' Inno di Mameli - ha detto il direttore di Rai Radio 1, Antonio Preziosi - è stata una scommessa che abbiamo voluto fare per portare l'inno nazionale ai giovani. E devo dire che la scommessa è stata vinta, visto l'entusiasmo con il quale stamani i giovani del Politecnico di Torino hanno incontrato il maestro Allevi e accolto la sua interpretazione dell'Inno. Con la presentazione di stasera - ha concluso Preziosi - l'Inno è 'tornato a casa'". La serata del Gobetti andrà in onda venerdì 4 febbraio (ore 21) all'interno della trasmissione "invito personalé di Rai Radio 1. L'esecuzione, inoltre, sarà utilizzata in apertura e chiusura delle trasmissioni di Rai Radio 1 per tutto il periodo delle celebrazioni per i 150 anni dell'unità d'Italia.
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